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Inammissibilità ricorso: i motivi della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una condanna. I motivi del ricorso, relativi alla tenuità del fatto, alle attenuanti e alla pena, sono stati giudicati ripetitivi e privi di una critica specifica alla sentenza d’appello, confermando l’importanza dell’onere di motivazione per l’impugnazione.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi Vengono Rigettati

L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, al tempo stesso, uno dei più insidiosi per la difesa. Non significa che i giudici abbiano valutato il merito delle argomentazioni ritenendole infondate, ma che il ricorso stesso non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico, delineando i confini tra un’impugnazione ammissibile e una mera riproposizione di censure già respinte.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione affidandosi a diversi motivi. In particolare, la difesa lamentava la mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, la negazione delle circostanze attenuanti generiche, l’eccessività della pena inflitta e, infine, la presunta assenza della condizione di procedibilità, ovvero della querela.

L’Analisi della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, con una motivazione tanto sintetica quanto netta, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: il ricorso non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già presentate e rigettate nei gradi di merito. I giudici supremi hanno rilevato che i motivi proposti erano “riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito”.

L’Onere di Motivazione nell’Atto di Impugnazione

Il punto centrale della pronuncia risiede nell’onere di critica che grava sul ricorrente. Non è sufficiente riproporre le stesse doglianze, ma è necessario confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone le presunte illogicità o violazioni di legge. Il ricorso era, secondo la Corte, privo della “necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata” e della “puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso”. Questo approccio conferma un orientamento consolidato (richiamato attraverso la sentenza Galtelli delle Sezioni Unite), secondo cui l’atto di impugnazione deve contenere argomenti specifici e pertinenti per essere considerato ammissibile.

Valutazione sul Merito e Logicità della Sentenza d’Appello

Pur dichiarando l’inammissibilità, la Cassazione ha comunque sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse logica, congrua e corretta in punto di diritto. I giudici di merito avevano infatti giustificato le loro decisioni in modo esauriente, spiegando:

1. La non particolare tenuità del danno, quantificato in 500 euro, che non permetteva di applicare l’art. 131-bis c.p.
2. L’impossibilità di giudicare prevalenti le attenuanti generiche rispetto alla recidiva già riconosciuta all’imputato.
3. La sussistenza della querela, data l’esplicita richiesta della persona offesa di perseguire l’autore del reato.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla natura del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla legittimità e logicità della decisione impugnata. Un ricorso che non si confronta criticamente con la sentenza di secondo grado, ma si limita a riproporre le medesime questioni, non assolve alla sua funzione. La Corte ha quindi applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per ogni difensore: il ricorso per Cassazione è un atto tecnico che richiede specificità e un confronto critico con la decisione che si intende impugnare. La mera riproposizione di argomenti già sconfitti è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta di ulteriori sanzioni economiche. La decisione sottolinea come la logicità e la sufficienza della motivazione del giudice di merito rendano la sentenza immune da vizi di legittimità, chiudendo di fatto la porta a qualsiasi ulteriore riesame.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile quando è meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza presentare una critica specifica e argomentata della decisione impugnata e senza enunciare le precise ragioni di diritto che lo giustificano.

La tenuità del danno (500 euro) garantisce l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.?
No. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito abbiano correttamente valutato la “non particolare tenuità del danno” (quantificato in 500 euro) come uno degli elementi per negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., dimostrando che l’importo da solo non è determinante.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non vi è assenza di colpa, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna a tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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