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Inammissibilità ricorso: i limiti del riesame in Cassazione

Un soggetto, condannato per tentato furto, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando un’errata applicazione della recidiva e una pena eccessiva. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità ricorso, sottolineando che i motivi erano generici e non si confrontavano adeguatamente con la logica e congrua motivazione della sentenza d’appello. La decisione ribadisce che il giudizio di Cassazione non può rivalutare il merito dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione non può riesaminare la pena

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del giudizio di legittimità, confermando un principio fondamentale: l’inammissibilità ricorso è la conseguenza inevitabile quando i motivi di impugnazione sono generici e non si confrontano specificamente con la sentenza impugnata. Il caso analizzato riguarda un ricorso contro una condanna per tentato furto, in cui la difesa contestava l’applicazione della recidiva e l’entità della pena.

I Fatti del Caso: dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione

Il percorso giudiziario ha origine da una sentenza di primo grado, parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Bologna. Quest’ultima aveva assolto l’imputato da un’accusa e, per il reato di tentato furto, aveva ridotto la pena a due mesi e venti giorni di reclusione e 80,00 euro di multa. Nonostante la riduzione, la difesa ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali: l’errata applicazione della recidiva con motivazione inadeguata e la violazione di legge nella determinazione di una pena ritenuta eccessiva.

L’Inammissibilità Ricorso e la Valutazione della Recidiva

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla recidiva. La difesa sosteneva che il suo riconoscimento fosse ingiustificato. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa censura, evidenziando come il ricorso fosse privo di un adeguato confronto con le argomentazioni della Corte d’Appello. I giudici di secondo grado, infatti, non si erano limitati a prendere atto dei precedenti penali dell’imputato. Al contrario, avevano compiuto una valutazione approfondita, basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale, analizzando il legame tra il reato commesso e le condanne passate. Questo esame aveva dimostrato una perdurante inclinazione al delitto, giustificando così l’aumento di pena.

La Determinazione della Pena e i Limiti del Sindacato di Legittimità

Anche la seconda censura, relativa all’eccessiva entità del trattamento sanzionatorio, è stata giudicata inammissibile. La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito non è tenuto a fornire una motivazione analitica per ogni scelta sanzionatoria, specialmente quando la pena inflitta è vicina al minimo edittale, come nel caso di specie. Una giustificazione dettagliata è richiesta solo per pene prossime al massimo o superiori alla media. Poiché la pena applicata era contenuta, la scelta della Corte d’Appello è stata ritenuta insindacabile in sede di legittimità, in quanto frutto di una valutazione discrezionale ben esercitata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità ricorso perché i motivi proposti non erano ammissibili in sede di legittimità. Essi, infatti, non denunciavano vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza d’appello, ma miravano a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda. La Corte ha sottolineato che la decisione impugnata era lineare, congrua e priva di contraddizioni. Il giudice d’appello aveva correttamente applicato i principi che regolano gli aumenti di pena, esaminando in concreto il rapporto tra il fatto per cui si procedeva e le condanne precedenti, come richiesto dalla giurisprudenza consolidata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Per evitare una declaratoria di inammissibilità ricorso, i motivi devono essere specifici, tecnici e devono individuare un errore di diritto o un vizio logico palese nella decisione impugnata. Le critiche generiche sull’entità della pena o sulla valutazione della recidiva, se non supportate da precise argomentazioni giuridiche che demoliscono il ragionamento del giudice di merito, non possono trovare accoglimento. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, non si confrontavano adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata e tendevano a richiedere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità.

Come deve essere valutata la recidiva per giustificare un aumento di pena?
Non è sufficiente la semplice esistenza di precedenti penali. Il giudice deve esaminare concretamente il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti, verificando se la condotta passata indica una persistente inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato, come previsto dall’art. 133 del codice penale.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la quantità della pena inflitta?
No. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena si avvicina al massimo edittale o è superiore alla media. Se la pena è prossima al minimo legale, come nel caso di specie, è sufficiente una motivazione più sintetica, poiché si presume che il giudice abbia tenuto conto dei criteri di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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