Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4008 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4008  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 30/06/2023 dal Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Torino ha respinto il riesame proposto dai NOME e da NOME, confermando la custodia cautelare in carcere loro applicata per vari reati di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, nonché, ai primi due, anche per il porto e la detenzione di una pistola.
Sia i NOME COGNOME, con unico ricorso del loro comune difensore, che COGNOME, con distinto atto d’impugnazione del proprio difensore, impugnano tale decisione, lamentandone la manifesta illogicità della motivazione in punto di esistenza del pericolo di reiterazione criminosa e di esclusiva adeguatezza della custodia cautelare in carcere.
2.1. I primi sostengono che il Tribunale abbia dedotto dalla pluralità degli episodi di cessione la presenza di un supporto organizzativo in realtà inesistente; ma soprattutto osservano che, essendo incensurati ed avendo ammesso gli addebiti nonché indicato agli inquirenti il nome del loro fornitore, essi abbiano inteso recidere definitivamente i loro legami delinquenziali, ove si consideri il ristretto àmbito territoriale di riferimento.
2.2. COGNOME, dal suo canto, giunge alla medesima conclusione valorizzando il suo ruolo di “cane sciolto” – così egli si definisce – dedito allo spaccio al dettaglio di modeste quantità di stupefacenti al fine di trarne la provvista per l’acquisto d quelle necessarie al proprio consumo personale, nonché evidenziando l’esiguo numero di cessioni da lui effettuate (sette, in nove mesi d’indagine) e la sua volontà di smettere con tale attività illecita, da lui palesata NOME COGNOME nel di una conversazione intercettata.
Inoltre, egli lamenta l’assenza di motivazione sul pericolo di c.d. “inquinamento probatorio”, invece ravvisato anch’esso nell’ordinanza cautelare genetica.
2.3. Tutti i ricorrenti, infine, si dolgono del deteriore trattamento loro riserv rispetto al fornitore della droga, NOME COGNOME, collocato dallo stesso Tribunale agli arresti domiciliari, per rivestendo un ruolo più rilevante nella complessiva attività illecita in rassegna.
Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con atto scritto e trasmesso in cancelleria a mezzo pec, COGNOMECOGNOME COGNOME il suo difensore, ha dichiarato di rinunciare al ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse alla relativa trattazione, essendo stato egli collocato, nelle more, agl arresti domiciliari.
1.1. A norma dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la rinuncia all’impugnazione determina l’inammissibilità della stessa.
1.2. Qualora, come nel caso in esame, il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione, alla
dichiarazione di inammissibilità non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, Chiappel:ta, Rv. 208166).
Sono inammissibili anche le impugnazioni dei NOME COGNOME.
2.1. Le circostanze di fatto da essi addotte con il loro comune ricorso, sulla base delle quali s’invoca il venir meno di ogni esigenza di cautela, non sono documentate, né è dato di sapere se siano state specificamente rappresentate ai giudici del riesame. Non è possibile, dunque, stabilire se il totale silenzio degl stessi su di esse rappresenti un vizio della motivazione, censurabile in questa sede, ovvero se esso si giustifichi per la mancata devoluzione deliia questione e/o per l’inesistenza dei relativi presupposti di fatto: il cui accertamento e la c valutazione non possono essere chiesti al giudice di legittimità.
2.2. La motivazione dell’ordinanza, dunque, non si presenta carente. Ma essa non è neppure manifestamente illogica.
La deduzione dell’esistenza di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa — sufficiente di per sé a reggere la misura, sì che irrilevante è l lamentata assenza di motivazione sul pericolo di “inquinamento probatorio” muove, infatti, dalla valutazione coordinata di una pluralità di elementi di fatt indiscussi, a cominciare dall’eloquente affermazione di uno degli indagati nel corso di una sua conversazione intercettata, secondo cui il commercio degli stupefacenti «per me è un lavoro non un hobby». Se a questo si aggiungono la pronta ricerca, da parte di costoro, di possibili canali di rifornimento alternativi dopo l’arresto d loro fornitore abituale COGNOME, la disponibilità di una pistola, le svariate transazio compiute, nell’ordine delle centinaia di euro per ognuna, ed il rinvenimento nella loro casa di un’ingente somma in contanti, la conclusione nel senso di una loro pervicace e persistente risoluzione a delinquere si presenta logicamente lineare e, perciò, qui non censurabile.
2.3. Generica, infine, prim’ancora che manifestamente infondata, è la doglianza relativa al diverso trattamento riservato a NOME.
A prescindere dal rilievo per cui quello della parità di trattamento non è uno dei criteri di scelta delle misure cautelari espressamente enunciato dalla disciplina di rito, è agevole osservare che tale profilo ‘comunque presuppone l’esistenza di una condizione di perfetta simmetria, oggettiva e soggettiva, delle diverse posizioni individuali in comparazione: condizione che — ai fini che qui interessano, quelli, cioè, della verifica della manifesta illogicità o meno della motivazione de provvedimento – spetta al ricorrente illustrare puntualmente. Tanto, però, non si registra nel caso di specie, in cui il ricorso degli indagati nemmeno accenna alle
ragioni del differente trattamento cautelare applicato al COGNOME, rendendone impossibile qualsiasi apprezzamento.
2.4. All’inammissibilità dei ricorsi consegue obbligatoriamente per questi indagati – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta carenza di diligenza, va fissata in tremila euro per ognuno di essi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME per sopravvenuta carenza d’interesse.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2023.