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Inammissibilità ricorso: i limiti del giudizio di rinvio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18778/2025, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di due imputati, chiarendo i limiti invalicabili del giudizio di rinvio. Se la responsabilità penale è già definitiva, l’appello non può riaprire questioni già decise, come le attenuanti generiche, ma deve attenersi ai soli punti indicati dalla Cassazione per la nuova valutazione.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta a Nuove Valutazioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18778 del 2025 offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità, in particolare riguardo all’inammissibilità del ricorso presentato contro una sentenza emessa in sede di rinvio. Il caso analizzato dimostra come, una volta che determinati aspetti di un giudizio diventano definitivi, non sia più possibile rimetterli in discussione.

Il Contesto del Giudizio di Rinvio

Il caso trae origine da un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione. La responsabilità penale degli imputati era già stata affermata in modo irrevocabile. Il compito della Corte d’appello, in sede di rinvio, era circoscritto e specifico: rideterminare il trattamento sanzionatorio per uno degli imputati e fornire precisazioni sulla continuazione tra i reati per l’altro. In sostanza, il processo di appello-bis non doveva riesaminare la colpevolezza, ma solo ricalcolare alcuni aspetti della pena.

Le Doglianze e l’Inammissibilità del Ricorso

Nonostante i chiari limiti del mandato, le difese hanno presentato ricorso in Cassazione sollevando questioni che andavano oltre l’ambito del giudizio di rinvio, portando a una inevitabile dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Il Primo Ricorrente: Attenuanti e Dosimetria della Pena

La difesa del primo imputato ha contestato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la quantificazione della pena. La Cassazione ha respinto queste censure, sottolineando che la questione delle attenuanti non era più sub iudice. L’annullamento precedente, infatti, non aveva toccato quel punto, che era quindi diventato definitivo. La Corte d’appello non poteva, e non doveva, rivalutare un aspetto già cristallizzato. Anche la critica sulla dosimetria della pena è stata ritenuta inammissibile, poiché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente con la legge.

Il Secondo Ricorrente: La Presunta Causa di Non Punibilità

Il secondo ricorso è stato giudicato inammissibile per due ragioni principali: l’assoluta genericità delle argomentazioni e, soprattutto, il fatto che la responsabilità penale dell’imputato era già stata accertata con sentenza irrevocabile. Tentare di introdurre una causa di non punibilità in questa fase tardiva del processo si è scontrato con il principio del giudicato parziale, che rende definitive le parti della sentenza non toccate dall’annullamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di rinvio ha confini precisi, dettati dalla precedente sentenza di annullamento. Il giudice del rinvio deve attenersi scrupolosamente ai punti specificati, senza poter riesaminare questioni già coperte da giudicato. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva correttamente eseguito le indicazioni della Cassazione, fornendo una motivazione esente da vizi logici o giuridici. La Cassazione ha inoltre ricordato che la valutazione sull’entità della pena, basata sugli articoli 132 e 133 del codice penale, è un’attività tipica del giudice di merito, e il suo risultato non può essere contestato in sede di legittimità se non per vizi di motivazione macroscopici, qui non riscontrati.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito per gli operatori del diritto sull’importanza di definire correttamente l’oggetto delle impugnazioni. Presentare un ricorso che tenta di riaprire capitoli processuali già chiusi e coperti da giudicato non solo è infruttuoso, ma comporta una declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La decisione riafferma la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, garante del rispetto delle norme processuali e dei limiti imposti dal principio di progressiva formazione del giudicato.

È possibile contestare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in un giudizio di rinvio?
No, secondo questa ordinanza, non è possibile se la questione non rientrava tra i punti specifici per i quali la Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza. Se l’annullamento era limitato ad altri aspetti, come il calcolo della pena per la continuazione, la questione delle attenuanti si considera già decisa in modo definitivo e non più ‘sub iudice’.

La Corte di Cassazione può riesaminare la congruità della pena decisa dal giudice di merito?
Di norma, no. La determinazione dell’entità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è assente, palesemente illogica o viziata da errori di diritto, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice per stabilire se la pena sia ‘eccessiva’.

Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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