Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7895 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7895 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a GRAVINA DI PUGLIA il 02/08/1985 COGNOME NOME nato a SANTERAMO IN COLLE il 09/04/1991 COGNOME nato a ALTAMURA il 31/07/1988
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo, comune ai tre ricorsi, con cui è dedotta violazione degli artt. 610 e 629 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del delitto di estorsione nel reato di violenza privata, è manifestamente infondato. I giudici di appello, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie e priva di illogicità manifesta, hanno ritenuto che la condotta posta in essere dai ricorrenti sia idonea a perfezionare gli elementi costitutivi del reato di estorsione (vedi pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata); tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
ritenuto che l’ulteriore doglianza con cui il COGNOME lamenta vizio di motivazione in ordine alla declaratoria di responsabilità è articolata esclusivamente in fatto e, quindi, proposta al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei a poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il COGNOME abbia concorso nella commissione del reato di estorsione, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pag. 5 della sentenza impugnata). Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito;
rilevato che il secondo motivo, con cui i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio in misura superiore al minimo edittale ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità;
rilevato che i giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuanti, la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pag. 5 della sentenza impugnata). Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è
necessario che il giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Bianchi, Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02);
rilevato, inoltre che il Collegio intende ribadire, il principio di diritto secondo cui la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 5, n. 47783 del 27/10/2022, COGNOME, non massimata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025.