Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il confine netto tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il caso in esame ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso presentato da un condannato, poiché le sue lamentele riguardavano una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Suprema Corte. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere meglio questi meccanismi processuali.
Il Contesto: Dalla Condanna alla Richiesta di Misure Alternative
Il protagonista della vicenda era stato condannato a una pena di quattro anni e dieci mesi di reclusione per reati di notevole gravità, tra cui tentato omicidio e violazione della legge sulle armi. Successivamente, ha presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere una misura alternativa alla detenzione in carcere, come l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare.
Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, ha respinto la richiesta. La decisione si basava sull’impossibilità di formulare un giudizio positivo sulla rieducazione del soggetto, tenendo conto sia della gravità dei reati commessi sia della loro recente datazione. Secondo i giudici, era necessario rispettare un criterio di “gradualità trattamentale”, ovvero un percorso progressivo verso misure meno afflittive.
I Motivi dell’Appello e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La difesa del condannato ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione. Le critiche mosse al provvedimento del Tribunale di Sorveglianza si concentravano su due punti principali:
1. Violazione di legge: presunta errata applicazione dell’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario.
2. Mancanza e contraddittorietà della motivazione: si sosteneva che la personalità del soggetto, così come emersa in un secondo momento e descritta in una relazione di sintesi, non fosse stata adeguatamente valutata.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Cassazione di riesaminare il merito della decisione, ovvero di giudicare diversamente i fatti e la personalità del condannato. Proprio questo approccio ha determinato l’esito del ricorso.
La Logica della “Gradualità Trattamentale” e il Ruolo dei Giudici
La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso era inammissibile. Le critiche sollevate dalla difesa non erano censure sulla corretta applicazione della legge (vizi di legittimità), ma semplici “doglianze versate in fatto”. Si trattava di una riproposizione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dal Tribunale di Sorveglianza.
Le motivazioni
La motivazione della Cassazione è netta: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito, ma di guardiano della legge (“giudice di legittimità”). Non può, quindi, sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale di Sorveglianza riguardo all’opportunità di concedere una misura alternativa. Quest’ultimo aveva logicamente e correttamente argomentato la sua decisione, basandola sulla recente commissione di reati molto gravi e sulla necessità di un percorso penitenziario graduale. La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse applicato correttamente il principio della “gradualità trattamentale”, un pilastro del sistema di esecuzione della pena che prevede un avanzamento progressivo verso la libertà, commisurato ai progressi del condannato.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma che un ricorso in Cassazione ha successo solo se individua specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione del provvedimento impugnato. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti o della personalità dell’imputato è una strada destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della decisione precedente, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La distinzione tra merito e legittimità rimane un cardine invalicabile del processo penale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare la personalità di un condannato per ottenere una misura alternativa?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione della personalità del soggetto e l’analisi dei fatti sono di competenza esclusiva del Tribunale di Sorveglianza. Un ricorso basato su tali aspetti è inammissibile.
Cosa significa che un ricorso è basato su ‘mere doglianze versate in fatto’?
Significa che l’appello non contesta un errore nell’applicazione della legge, ma piuttosto esprime un disaccordo con la valutazione dei fatti e delle prove fatta dal giudice precedente. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche.
Qual è il principio della ‘gradualità trattamentale’ menzionato nell’ordinanza?
È il principio secondo cui la concessione di benefici penitenziari, come l’affidamento in prova, deve seguire un percorso graduale. Data la gravità e la recenza dei reati, la Corte ha ritenuto necessario rispettare questo criterio, non concedendo subito la misura alternativa più ampia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20670 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20670 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato l’istanza presentata da NOME (soggetto condannato con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pavia alla pena di anni quattro e mesi dieci di reclusione per violazione degli artt. 56-575 e 635 cod. pen. e 4 legge 18 aprile 1975, n. 110), finalizzata a ottenere l’ammissione all’affidamento al servizio sociale ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero la detenzione domiciliare.
AVV_NOTAIO, difensore del condannato, impugna tale provvedimento, dolendosi della sussistenza dei vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per violazione di legge in relazione all’art. 47 Ord. pe nonché per mancanza e contraddittorietà della motivazione dell’impugnato provvedimento. La difesa sostiene non esser stata adeguatamente valutata la personalità del soggetto, come manifestatasi in epoca successiva, rispetto alla commissione dei reati e alla luce della relazione di sintesi.
Trattasi di censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto. Dette critiche, altresì, son meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto argomentare giuridico, privo di vizi logici e contraddittorietà – dal Tribunale di sorveglianza di Milano.
Invero, nell’impugnato provvedimento si rileva la attuale impossibilità dì giungere alla formulazione di un giudizio positivo, in ordine al superamento della duplice prognosi da effettuare, in considerazione della recente data di commissione dei fatti e della gravità degli stessi e rendendosi necessario, quindi, rispettare il criterio generale della gradualità trattamentale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.