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Inammissibilità ricorso generico: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso generico presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’appello contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma è stato giudicato una mera riproduzione di censure già adeguatamente respinte, senza un confronto critico con la decisione impugnata, la quale aveva evidenziato la non scarsa offensività della condotta. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Generico: Analisi di una Decisione della Cassazione

L’ordinanza n. 21397/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo un principio fondamentale: l’inammissibilità del ricorso generico. Questa decisione sottolinea come un’impugnazione, per essere valida, debba instaurare un dialogo critico con la sentenza che contesta, e non limitarsi a una sterile ripetizione di argomenti già trattati. Analizziamo il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Secondo la difesa, la condotta del suo assistito rientrava in tale previsione normativa. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già rigettato questa tesi, evidenziando la “non scarsa offensività” del comportamento, che aveva creato un concreto pericolo per l’incolumità degli utenti della strada e del personale militare presente sul luogo.

La Decisione sull’Inammissibilità del Ricorso Generico

La Corte di Cassazione, esaminando l’atto di impugnazione, ha immediatamente rilevato la sua natura “generica e riproduttiva”. I motivi addotti dal ricorrente erano, di fatto, una semplice riproposizione della stessa censura già avanzata e motivatamente respinta dalla Corte d’Appello. Il ricorso non conteneva alcuna specifica critica o argomentazione volta a confutare il ragionamento dei giudici di secondo grado. Mancava, in sostanza, quella correlazione necessaria tra le ragioni esposte nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. Per questi motivi, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità. Un ricorso per cassazione non può essere un mero sfogo o la ripetizione di doglianze già espresse. Deve, invece, essere uno strumento tecnico che attacca specificamente i punti della motivazione della sentenza precedente ritenuti errati. La Corte richiama un proprio precedente (sentenza n. 34270/2007) per affermare che l’atto di impugnazione non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, altrimenti cade nel vizio di “aspecificità”.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva chiaramente spiegato perché l’art. 131-bis c.p. non fosse applicabile: la condotta aveva generato un pericolo significativo. Il ricorso in Cassazione avrebbe dovuto contestare specificamente questa valutazione, magari dimostrando perché il pericolo non fosse così elevato o perché la valutazione dei giudici d’appello fosse illogica o errata. Limitandosi a ripetere la richiesta di applicazione della norma, il ricorrente ha eluso il confronto con il nucleo della decisione, rendendo il suo ricorso inutile e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione in esame è un monito per gli operatori del diritto sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e puntuali. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso generico non è solo la conferma della sentenza precedente, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro. Questo provvedimento rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità delle motivazioni delle sentenze dei gradi inferiori. Per farlo, ha bisogno di ricorsi che vadano al cuore dei problemi giuridici, non che si limitino a riproporre vecchie battaglie già perse.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato generico e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte nel grado precedente, senza indicare le ragioni per cui la motivazione del giudice a quo sarebbe errata.

Per quale motivo, nel caso specifico, la Corte non ha concesso la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità non è stata concessa perché, secondo la valutazione della Corte d’Appello, la condotta non era di “scarsa offensività”. In particolare, aveva messo in pericolo l’incolumità degli utenti della strada e del personale militare operante, un elemento che esclude la particolare tenuità del fatto.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando il suo ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, oltre alla definitività della condanna impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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