Inammissibilità Ricorso Generico: la Cassazione ribadisce i requisiti di specificità
Con l’ordinanza n. 20929/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso generico. La decisione sottolinea come un’impugnazione, per essere valida, non possa limitarsi a una critica vaga e superficiale della sentenza di secondo grado, ma debba indicare con precisione le ragioni di fatto e di diritto che la sostengono. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i doveri del ricorrente e i limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la sua condanna. L’imputato era stato sanzionato per aver guidato un ciclomotore pur essendo privo di patente, in quanto revocatagli a seguito della sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza. A rendere la condotta più grave, l’uomo, alla sola vista di una pattuglia dei carabinieri, si era dileguato rapidamente, rifugiandosi in una strada secondaria.
Nel suo ricorso per Cassazione, il difensore si doleva della violazione degli articoli 132 e 133 del codice penale e del vizio di motivazione in merito alla quantificazione della pena, sostenendo che la Corte di Appello si fosse limitata a confermare la decisione di primo grado senza un’autonoma valutazione.
La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità del Ricorso Generico
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di tale decisione è netta: il ricorso è stato giudicato “assolutamente generico”. Secondo i giudici di legittimità, il ricorrente si era limitato a denunciare un mero “appiattimento” sulla sentenza di primo grado, omettendo però di specificare in cosa consistesse l’omissione motivazionale e quali elementi fattuali sarebbero stati trascurati dalla Corte territoriale.
La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si articolano su due livelli. In primo luogo, viene ribadito che un ricorso non può essere una sterile riproposizione di doglianze generiche. È necessario che l’atto di impugnazione contenga una critica specifica e puntuale al provvedimento impugnato, evidenziando le ragioni per cui la motivazione del giudice d’appello sarebbe carente, illogica o contraddittoria.
In secondo luogo, la Cassazione ha ritenuto che la decisione della Corte di Appello fosse, in realtà, sorretta da una “sufficiente motivazione”. I giudici di merito avevano correttamente escluso le attenuanti generiche e confermato il trattamento sanzionatorio basandosi su elementi concreti: la gravità della condotta e le caratteristiche dell’imputato. La fuga alla vista delle forze dell’ordine e la guida senza patente, nonostante il regime di sorveglianza speciale, sono stati considerati indici di una particolare gravità del fatto, sufficienti a giustificare la pena inflitta. Infine, la Corte ha ricordato un principio di diritto consolidato: il giudice di merito, nell’esercitare il suo potere discrezionale nella determinazione della pena ai sensi dell’art. 133 c.p., non è tenuto a esaminare analiticamente ogni singolo parametro, ma è sufficiente che la sua valutazione sia logica, congrua e coerente.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma l’importanza dei motivi di ricorso in Cassazione. Non è sufficiente lamentare un’errata valutazione da parte del giudice di merito; è indispensabile argomentare in modo specifico e dettagliato, pena l’inammissibilità del ricorso generico. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: l’atto di impugnazione deve essere un dialogo critico con la sentenza impugnata, non una lamentela astratta. Per i cittadini, la decisione conferma che il sistema giudiziario richiede rigore e precisione a ogni livello, e che la gravità del comportamento tenuto dall’imputato è un fattore determinante nella commisurazione della pena.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘assolutamente generico’. Il ricorrente si è limitato a criticare la sentenza d’appello come una mera conferma di quella di primo grado, senza specificare quali fossero le omissioni o i vizi nella motivazione.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per confermare la pena?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla gravità della condotta e sulle caratteristiche della stessa. In particolare, ha valorizzato il fatto che l’imputato, già sottoposto a sorveglianza speciale e con patente ritirata, si sia messo alla guida di un ciclomotore e si sia dileguato alla vista dei carabinieri.
Il giudice è obbligato a esaminare tutti i parametri dell’art. 133 c.p. per decidere la pena?
No. Secondo la Corte, l’onere motivazionale del giudice non richiede necessariamente l’esame analitico di tutti i parametri elencati nell’art. 133 del codice penale. È sufficiente che la valutazione sia esercitata in modo congruo, logico e coerente, anche facendo riferimento a pochi, ma significativi, elementi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20929 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20929 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che la censura dedotta nel ricorso di NOME COGNOME, relativa alla violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. e al vizio di motivazione per la erronea quantificazione della pena, è inammissibile perché assolutamente generica (limitandosi il ricorrente a denunciare un appiattimento sulla sentenza di primo grado senza specificare in che cosa sarebbe consentita l’omessa motivazione), e, comunque, inerente ad un trattamento punitivo sorretto da sufficiente motivazione.
La Corte di appello di Messina esclude la concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritiene di confermare il trattamento sanzioNOMErio di primo grado, facendo leva sulla gravità della condotta e sulle caratteristiche della medesima (essendosi l’imputato, che guidava il ciclomotore privo di patente di guida ritiratagli a seguito della sottoposizione alla sorveglianza speciale di P.S., dileguato dalla pubblica via alla sola vista dei carabinieri e rifugiatosi in una strada secondaria).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Invero, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugNOME.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.