Inammissibilità del ricorso: quando un errore del giudice non può essere contestato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni, chiarendo le conseguenze della presentazione di un appello palesemente infondato e le implicazioni di un errore di calcolo della pena favorevole all’imputato. La decisione sottolinea come l’inammissibilità del ricorso non solo precluda l’esame nel merito della questione, ma comporti anche sanzioni economiche per il ricorrente.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo, sia in primo grado che in appello, per il reato di porto di coltello a scatto, previsto dall’art. 4 della legge n. 110/1975. La pena inflitta era di un mese e dieci giorni di arresto e 200,00 euro di ammenda. La Corte d’Appello, pur riconoscendo che la pena base da cui si era partiti era illegale per difetto (essendo inferiore al minimo edittale di sei mesi), aveva comunque riformulato il calcolo in modo da garantire all’imputato la riduzione di metà della pena prevista per la scelta del rito abbreviato. Di fatto, la pena finale era il risultato di un errore a vantaggio del condannato. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, lamentando violazioni di legge e vizi di motivazione.
La Decisione della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno evidenziato come i motivi addotti dal ricorrente fossero in realtà un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e della responsabilità, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma valuta unicamente la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali.
L’errore “in bonam partem” e le sue conseguenze
Il punto centrale della motivazione riguarda la determinazione della pena. La Corte di secondo grado, pur partendo da una base inferiore al minimo legale, aveva ricalcolato le riduzioni per il rito e le attenuanti generiche in modo da non danneggiare l’imputato. Questo errore, definito tecnico come “in bonam partem” (cioè, a favore della parte), non ha causato alcun pregiudizio alla difesa. Di conseguenza, l’imputato non ha alcun interesse a impugnare una decisione che, seppur formalmente errata, gli ha concesso un trattamento sanzionatorio più mite di quello che la legge avrebbe previsto. Lamentarsi di un errore a proprio vantaggio è una contraddizione che rende il motivo di ricorso palesemente infondato.
La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria
In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, di diritto, due conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. La Corte ha stabilito questa sanzione nella misura di tremila euro, ritenendola congrua data l’assenza di elementi che potessero escludere la colpa del ricorrente nel promuovere un’impugnazione priva di fondamento.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma che il sistema delle impugnazioni non può essere utilizzato per scopi dilatori o per tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto nei gradi di merito. Un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità concreti e rilevanti. In particolare, non è ammissibile contestare un errore del giudice quando questo si traduce in un beneficio per l’imputato, poiché manca il presupposto essenziale di qualsiasi impugnazione: l’aver subito un pregiudizio dalla decisione contestata. La decisione finale, quindi, non solo conferma la condanna, ma aggiunge un ulteriore onere economico per aver adito la Suprema Corte senza valide ragioni giuridiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. I motivi presentati miravano a una rivalutazione dei fatti e della responsabilità, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, e non a evidenziare reali violazioni di legge.
L’imputato può contestare un errore nel calcolo della pena se questo è a suo favore?
No. La Corte ha chiarito che un “errore in bonam partem”, ovvero un errore del giudice che avvantaggia l’imputato (come partire da una pena base inferiore al minimo legale), non causa alcun pregiudizio alla difesa e, pertanto, non può costituire un valido motivo di ricorso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34877 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34877 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 31 gennaio 2024 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la decisione emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOME. Con le decisioni di merito è stata affermata la responsabili dell’imputato per il reato di cui all’art. 4 legge n.110 del 1975 (porto d coltello a scatto) con condanna alla pena di mesi uno e giorni dieci di arres ed euro 200,00 di ammenda. Quando alla determinazione della pena la Corte di Appello, nel trattare la doglianza difensiva, evidenzia che trattasi di p illegale per difetto (non potendosi partire da una pena detentiva inferiore mesi sei, mimino edittale) e provvede, in ogni caso ad una diversa articolazione dei passaggi determinativi, tali da garantire – in ogni caso riduzione della metà dovuta alla scelta del rito.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME deducendo violazione di legge e vizio di motivazione su più punti della decisione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti, tesi a sollecitare una diversa valutazione in fatto sul pro della responsabilità e della entità del disvalore del fatto. Quanto al pro della determinazione della pena la Corte di secondo grado – dato l’errore in bonam partem commesso in primo grado – si è limitata a realizzare, nei limiti della propria cognizione, una diversa distribuzione delle riduzioni dovute all scelta del rito e alle circostanze attenuanti generiche. Da ciò non può deriva alcun pregiudizio per la difesa del ricorrente, dato che in ogni caso la base partenza del trattamento sanzionatorio era inferiore al minimo edittale.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente