LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso droga: la quantità è decisiva

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per detenzione di un ingente quantitativo di stupefacenti (2,63 kg di marijuana). La Corte ha stabilito che la notevole quantità della sostanza è un elemento ostativo alla riqualificazione del reato in fatto di lieve entità. L’ordinanza sottolinea come la valutazione sulla concessione di pene sostitutive o della sospensione condizionale rientri nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva correttamente motivato il diniego sulla base della personalità dell’imputato e delle modalità del fatto, come l’autoproduzione della sostanza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Droga: Quando la Quantità Chiude le Porte alla Cassazione

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: l’inammissibilità del ricorso droga quando i motivi sono basati su argomenti già vagliati e respinti nei gradi di merito, soprattutto in presenza di un ingente quantitativo di sostanza. Questa decisione ribadisce principi consolidati, offrendo al contempo chiarimenti importanti sulla valutazione del fatto di lieve entità e sulla concessione di benefici come la pena sospesa.

I Fatti di Causa

Il caso origina dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990. L’imputato era stato trovato in possesso di un notevole quantitativo di marijuana, pari a 2,63 kg, da cui era possibile ricavare oltre 1.892 dosi medie. La difesa aveva impugnato la sentenza di secondo grado, chiedendo principalmente la riqualificazione del reato nella fattispecie di lieve entità (comma 5 dello stesso articolo) e contestando la mancata applicazione della pena sostitutiva e della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una duplice constatazione. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati ritenuti meramente riproduttivi di censure già esaminate e correttamente respinte dal giudice d’appello, rendendoli non ammissibili in sede di legittimità. In secondo luogo, le questioni relative alla qualificazione del fatto e alla concessione dei benefici sono state considerate come rientranti nell’apprezzamento esclusivo del giudice di merito, il quale aveva fornito una motivazione logica e coerente, non sindacabile in Cassazione.

Le Motivazioni: l’Inammissibilità del Ricorso Droga e il Criterio Quantitativo

Le motivazioni della Corte sono chiare e dirette. Il dato quantitativo è stato ritenuto l’elemento centrale e ostativo per accogliere le richieste del ricorrente. La detenzione di oltre 2,6 kg di marijuana è stata giudicata, in linea con la giurisprudenza costante, incompatibile con la fattispecie del fatto di lieve entità. Questo criterio quantitativo, pur non essendo l’unico, assume un peso preponderante quando la quantità è così significativa.

Per quanto riguarda il diniego della pena sostitutiva e della sospensione condizionale, la Corte ha convalidato la valutazione del giudice di merito. Quest’ultimo aveva evidenziato elementi negativi sulla personalità dell’imputato, desunti dalle concrete modalità della condotta: l’imputato non solo deteneva, ma aveva anche autoprodotto lo stupefacente, coltivandolo e possedendo semi per future attività illecite. Inoltre, era emerso che in passato aveva già beneficiato di un istituto analogo senza che ciò avesse sortito un effetto deterrente, portandolo a commettere nuovi reati. Questa valutazione complessiva, esente da vizi logici, ha giustificato il rigetto dei benefici richiesti, poiché mancava una prognosi favorevole sulla sua futura astensione dal commettere reati.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza conferma un principio fondamentale: il giudizio di legittimità della Corte di Cassazione non è una terza istanza di merito. I ricorsi che si limitano a riproporre le stesse questioni di fatto già decise, senza evidenziare reali vizi di legge, sono destinati all’inammissibilità. In materia di stupefacenti, il criterio quantitativo rimane un pilastro per distinguere tra reati di diversa gravità. Infine, la decisione riafferma l’ampia discrezionalità dei giudici di merito nella valutazione della personalità dell’imputato ai fini della concessione dei benefici di legge, purché tale valutazione sia supportata da una motivazione congrua e logica, basata su elementi concreti emersi durante il processo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva motivi già esaminati e respinti con argomentazioni corrette dalla Corte d’Appello, e perché le questioni sollevate (come la valutazione della personalità dell’imputato) rientrano nell’esclusivo apprezzamento del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Qual è stato l’elemento decisivo per negare la qualificazione del reato come fatto di lieve entità?
L’elemento decisivo è stato il dato quantitativo: il possesso di 2,63 kg di marijuana, da cui erano ricavabili oltre 1.892 dosi medie, è stato considerato un quantitativo troppo elevato per poter qualificare il fatto come di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990.

Per quale motivo non sono state concesse la pena sostitutiva o la sospensione condizionale della pena?
Non sono state concesse perché i giudici di merito hanno formulato una valutazione negativa sulla personalità dell’imputato, basata su elementi concreti come l’autoproduzione dello stupefacente, il possesso di semi per future coltivazioni e il fatto che un precedente beneficio non lo avesse dissuaso dal commettere ulteriori reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati