LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: doglianze di fatto e tenuità

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi, basati su una diversa ricostruzione dei fatti e sulla richiesta di applicazione della particolare tenuità, sono stati ritenuti mere doglianze di fatto, non sindacabili in sede di legittimità. La decisione sottolinea come il ricorso non possa essere un terzo grado di giudizio sul merito, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando le Doglianze sono di Fatto

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. L’analisi del caso offre spunti cruciali per comprendere i limiti dell’appello alla Suprema Corte, in particolare quando si discute l’inammissibilità del ricorso per motivi legati a una diversa interpretazione dei fatti. Questa decisione evidenzia le conseguenze per chi tenta di sottoporre alla Corte questioni già vagliate e decise dai giudici di merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva ceduto una dose di cocaina a un altro soggetto. La difesa, invece, sosteneva una versione alternativa: l’imputato non avrebbe venduto la droga, ma avrebbe acquistato le nove dosi trovate in suo possesso. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo la ricostruzione accusatoria solida e motivata.

I Motivi del Ricorso alla Suprema Corte

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sulla ricostruzione dei fatti: Si contestava la logica della sentenza d’appello, riproponendo la tesi difensiva secondo cui l’imputato era l’acquirente e non il cedente. La difesa lamentava che la Corte territoriale non avesse adeguatamente considerato le proprie argomentazioni.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’applicazione dell’art. 131 bis del codice penale, sostenendo che il fatto, per le sue modalità, dovesse essere considerato non punibile per la sua minima offensività.

Le Motivazioni della Corte sulla Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, fornendo chiarimenti importanti sui confini del proprio giudizio.

La Suprema Corte ha spiegato che il primo motivo si limitava a presentare “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente non contestava un errore nell’applicazione della legge, ma cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione della vicenda. Questo tentativo si scontra con la natura stessa del giudizio di Cassazione, che è un giudizio di “legittimità” e non di “merito”. La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse già esaminato e respinto le stesse argomentazioni con una motivazione logica e convincente, e il ricorso non faceva altro che riproporle senza confrontarsi criticamente con la decisione impugnata.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per ragioni analoghe. La valutazione sulla “particolare tenuità del fatto” è un tipico giudizio di merito, rimesso all’apprezzamento del giudice delle fasi precedenti. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione su questo punto è assente, manifestamente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato perché non riteneva applicabile l’istituto, e tale valutazione, essendo immune da vizi logici, non era sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma produce conseguenze concrete e onerose per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una funzione deterrente: scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati che appesantiscono il lavoro della Suprema Corte.

Questa ordinanza, quindi, funge da monito: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precisi vizi di legge e non può essere utilizzato come un’ulteriore opportunità per discutere i fatti della causa. Un’attenta valutazione dei motivi di ricorso è essenziale per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche significative conseguenze economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava questioni relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove, che non sono di competenza della Corte di Cassazione. Il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare specifici errori di diritto nella sentenza impugnata.

Cosa significa che la Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito?
Significa che il suo compito non è quello di stabilire come si sono svolti i fatti o di riesaminare le prove (giudizio di merito), ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e di procedura (giudizio di legittimità). Non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del tribunale o della corte d’appello.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati