Inammissibilità Ricorso: Quando la Difesa Contraddittoria Chiude le Porte della Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: la coerenza della strategia difensiva. Il caso in esame dimostra come una linea difensiva contraddittoria tra i diversi gradi di giudizio possa portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, impedendo alla Suprema Corte di entrare nel merito della questione. Analizziamo come la scelta di chiedere prima l’assoluzione per particolare tenuità del fatto e poi contestare la sussistenza stessa del reato si sia rivelata una mossa fatale per l’imputato.
I Fatti Processuali
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di evasione. In seguito alla sentenza di primo grado, la difesa dell’imputato presentava appello, chiedendo alla Corte territoriale di assolvere il proprio assistito invocando la causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto”. Questa specifica richiesta, di per sé, presuppone che il fatto-reato si sia effettivamente verificato, ma che la sua gravità sia talmente esigua da non meritare una sanzione penale.
Nonostante ciò, una volta giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, l’imputato, tramite il suo legale, cambiava radicalmente strategia. Il ricorso per legittimità non verteva più sulla tenuità del fatto, bensì contestava direttamente la “configurabilità dell’evasione”, negando in radice la sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che i motivi presentati non fossero consentiti dalla legge in quella sede, proprio a causa della palese contraddizione logica con la posizione assunta nel precedente grado di giudizio.
Le Motivazioni: la Contraddizione Insanabile e l’inammissibilità ricorso
Il cuore della decisione risiede nell’analisi della strategia difensiva. La Corte ha sottolineato che la richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto, avanzata in appello, costituisce un’implicita ammissione della responsabilità penale. Chi chiede il riconoscimento di questa causa di non punibilità, infatti, non nega di aver commesso il fatto, ma ne sostiene la minima offensività.
Di conseguenza, presentare un successivo ricorso in Cassazione per contestare l’esistenza stessa del reato crea una contraddizione insanabile. È logicamente impossibile sostenere, da un lato, che un fatto è così lieve da non essere punibile e, dall’altro, che quel medesimo fatto non sia mai accaduto o non costituisca reato. Questa incoerenza processuale viola i principi di lealtà e correttezza e rende i motivi del ricorso privi di fondamento logico-giuridico, portando inevitabilmente a una pronuncia di inammissibilità del ricorso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale per chi opera nel diritto penale: la strategia difensiva deve essere coerente e lineare lungo tutto l’arco del processo. Cambiamenti di rotta radicali e contraddittori tra un grado e l’altro possono essere interpretati come un espediente processuale e sanzionati con l’inammissibilità. La decisione serve da monito: non si può “giocare” su più tavoli, ammettendo un fatto in una sede per poi negarlo in un’altra. La coerenza non è solo una virtù, ma un requisito procedurale il cui mancato rispetto può precludere l’accesso al più alto grado di giudizio, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti, volti a contestare la sussistenza del reato, erano in palese contraddizione con la linea difensiva tenuta in appello, dove era stata chiesta l’assoluzione per particolare tenuità del fatto, che presuppone l’ammissione della responsabilità penale.
Cosa implica, secondo la Corte, la richiesta di assoluzione per “particolare tenuità del fatto”?
Secondo la Corte, la richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto presuppone il riconoscimento della responsabilità penale per il reato contestato. In altre parole, si ammette di aver commesso il fatto, ma se ne sostiene la minima gravità per ottenere la non punibilità.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9701 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9701 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 23/11/1991
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenz epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti legge in sede di legittimità in quanto diretti a contestare la configurabilità dell’e contestata quando in appello la difesa aveva chiesto l’assoluzione per la particolare tenuità fatto, che, a monte, presuppone la responsabilità penale per il fatto in contestazione, comunq puntualmente cristallizzata dall’argomentare dei giudici del merito avuto riguardo ai t costitutivi, anche soggettivi, del reato ascritto all’imputato, con motivazione giuridic corretta, coerente riguardo alle emergenze acquisite valutate senza incorrere in manifes incongruenze logiche;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2024.