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Inammissibilità ricorso: censure generiche e di merito

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato dalla parte civile contro una sentenza di assoluzione per il reato di violenza privata. I motivi sono stati ritenuti generici e miranti a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione sottolinea che l’impugnazione deve basarsi su vizi di legge e non su un alternativo apprezzamento delle prove. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: censure generiche e di merito

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio pratico dei limiti del giudizio di legittimità e delle conseguenze che derivano dalla presentazione di un’impugnazione non conforme ai canoni stabiliti dalla legge. Comprendere la differenza tra una censura di merito e una di legittimità è fondamentale per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le relative conseguenze economiche. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ribadisce principi consolidati in materia, delineando nettamente il perimetro del proprio sindacato.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale trae origine da un procedimento penale per il reato di violenza privata. In primo grado, l’imputato era stato condannato. Tuttavia, la Corte d’Appello, in riforma della precedente sentenza, aveva assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Contro questa decisione, la sola parte civile, ossia la persona offesa dal reato, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge penale e vizi nella motivazione della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità del Ricorso

Il ricorrente basava la sua impugnazione su quattro motivi principali:

1. Violazione dell’art. 610 c.p. (violenza privata): Si contestava l’esclusione della costrizione che sarebbe stata posta in essere dall’imputato.
2. Violazione dell’art. 192 c.p.p. (valutazione della prova): Si criticava la valutazione della sistematicità dell’agire dell’imputato.
3. Violazione degli artt. 185 c.p. e 538 c.p.p.: Si lamentava la mancata condanna al risarcimento del danno.
4. Vizio di motivazione: Si deduceva l’erroneità della decisione d’appello basandosi su enunciati ritenuti assertivi.

La Corte Suprema ha ritenuto tutti i motivi infondati, giungendo a una pronuncia di inammissibilità del ricorso per ragioni procedurali, senza entrare nel merito della vicenda.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni precise e conformi alla sua costante giurisprudenza.

Per quanto riguarda i primi due motivi, i giudici di legittimità hanno osservato che le censure sollevate dal ricorrente non erano vere e proprie critiche di violazione di legge, ma si risolvevano in una richiesta di rivalutazione dei fatti. Il ricorrente, infatti, proponeva un “alternativo apprezzamento dell’occorso” senza nemmeno allegare un travisamento della prova, ossia un errore macroscopico nella lettura di un atto processuale. Questo tipo di doglianza è tipico del giudizio di merito e non è ammesso in sede di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione del diritto, non ricostruire i fatti.

Il terzo motivo, relativo al mancato risarcimento del danno, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ricordato un principio basilare: se l’imputato viene assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”, viene a mancare il presupposto stesso della responsabilità civile (l’illecito), rendendo impossibile qualsiasi condanna al risarcimento.

Infine, anche il quarto motivo è stato respinto perché privo di una critica specifica e argomentata contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata, limitandosi a dedurre un’erroneità generica della decisione.

Le Conclusioni: Le Conseguenze dell’Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento.

In secondo luogo, la Corte ha ravvisato profili di colpa nel ricorrente, data l'”evidente inammissibilità dell’impugnazione”. Ciò ha portato alla condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a censure specifiche che denunciano errori di diritto. Un ricorso che tenta di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto non solo è destinato all’insuccesso, ma espone il ricorrente a sanzioni economiche.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, non denunciano una reale violazione di legge, ma propongono un’alternativa valutazione dei fatti e delle prove, cosa non permessa nel giudizio di legittimità. Inoltre, deve essere fondato su vizi specifici, come il travisamento della prova, e non su critiche assertive.

È possibile ottenere il risarcimento del danno se l’imputato viene assolto perché il fatto non sussiste?
No. Secondo l’ordinanza, una pronuncia assolutoria con la formula “perché il fatto non sussiste” esclude la configurabilità di un illecito e, di conseguenza, non consente alcuna condanna dell’imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile.

Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso per colpa del ricorrente?
Se la Corte rileva che l’impugnazione è palesemente inammissibile, e quindi vi è colpa da parte di chi l’ha proposta, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è determinato discrezionalmente dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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