Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2208 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2208 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CAGLI il 14/10/1951
avverso la sentenza del 04/12/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona che, in parziale riforma della prima decisione, ha rideterminato in mitius il trattamento sanzionatorio, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, confermandone nel resto la condanna per il delitto di atti persecutori;
premesso che non deve procedersi alla trattazione orale del procedimento, richiesta dalla difesa, che non può disporsi innanzi a questa Sezione (la quale procede ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 610, comma 1 stesso codice) senza la partecipazione delle parti, che, di conseguenza, non può trovare accoglimento la richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore (per concomitante impegno professionale) non ricorrendo un diritto al rinvio de procedimento per legittimo impedimento del difensore per il giorno fissato per la deliberazione camerale (cfr. Sez. 7, ord. n. 23200 del 20/04/2023, Fois, n.m);
considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale si denuncia la violazione della legg processuale penale in ordine al mancato accoglimento dell’istanza della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, richiesta dalla difesa a seguito del mutamento della persona del giudice nel primo grado di giudizio – è manifestamente infondato perché in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui «l’intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle part il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione d giudice di cui agli artt. 190 e 495 cod. proc. pen. anche con riguardo alla non manifesta superflui della rinnovazione stessa» (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 02);
considerato che il secondo e il terzo motivo di ricorso – con cui si denunciano rispettivamente, la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla rite configurabilità del reato, in particolare alla sussistenza dell’elemento materiale e dell’eleme psicologico – lungi dal muovere compiute censure di legittimità, finiscono col perorare una divers valutazione del compendio probatorio e un’alternativa ricostruzione del fatto, reiterando le allegazio disattese dalla Corte che, con un’argomentazione congrua ed esente da vizi logici, ha dato conto degli elementi sulla cui base ha ritenuto integrato il reato contestato; come noto, infatti, esula poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondam della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
considerato che il quarto motivo – con cui si adduce il vizio di motivazione in ordine al sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato – è inammissibile per la medesima ragione appena esposta, il che esime dall’immorare oltre, bastando osservare che esso è altresì manifestamente infondato perché, avendo riguardo al fine che ha spinto l’imputata ad agire, estraneo
al dolo generico che, per giurisprudenza consolidata, costituisce l’elemento soggettivo del delitto atti persecutori (Sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020, S., Rv. 279726 – 01);
considerato che anche il quinto motivo – con cui si assumono la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della scriminante del diritto critica – non prospetta ritualmente vizi di legittimità ma sollecita un alternativo apprezzamento fatto, qui non consentito, rispetto a quello posto a fondamento della decisione impugnata (che ha indicato, in maniera congrua e logica le ragioni per cui, come già il primo Giudice, ha escluso ch l’imputata abbia agito nell’esercizio del proprio diritto; cfr. spec. p. 14 s. della sentenza impugn ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
ritenuto che non deve disporsi la condanna dell’imputata alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile poiché essa non ha in alcun modo argomentato sui motivi di impugnazione proposti, essendosi limitata a prospettarne l’inammissibilità e l’infondatezza per il tramite rimando alle decisioni di merito e a rappresentare la sopravvenuta reiterazione, da parte dell’imputata, del delitto di atti persecutori nei confronti del medesimo offeso e della moglie – pr estraneo al presente giudizio di legittimità – e, nel resto, a chiedere per l’appunto la rifusione spese (cfr. Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 – dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01, in motivazione);
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 11/09/2024.