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Inammissibilità ricorso: Cassazione su spaccio e resistenza

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità e resistenza a pubblico ufficiale. I motivi del ricorso sono stati ritenuti ‘mere doglianze’ in fatto, in quanto la sentenza impugnata presentava una motivazione completa e logica, basata sull’osservazione diretta degli agenti e la testimonianza dell’acquirente. La Corte ha ribadito che la sua funzione è di legittimità e non di riesame del merito.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Doglianze si Scontrano con la Logica del Giudice

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione, un concetto cruciale nel nostro sistema processuale penale. Quando un imputato decide di portare il proprio caso davanti alla Suprema Corte, non può semplicemente ridiscutere i fatti, ma deve sollevare questioni relative alla corretta applicazione della legge. La pronuncia analizza il caso di una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità e resistenza a pubblico ufficiale, chiarendo i confini tra una valida censura giuridica e una semplice lamentela fattuale.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello di Genova per due distinti reati. Il primo, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, riguardava la cessione di 13,1 grammi di hashish. Il secondo reato, disciplinato dall’art. 337 del codice penale, consisteva nella resistenza a un pubblico ufficiale. In particolare, durante un inseguimento, l’imputato, raggiunto in acqua da un agente, lo aveva aggredito con pugni e calci per sottrarsi all’arresto.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

Di fronte alla condanna, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di omessa motivazione da parte della Corte territoriale. Secondo la difesa, le conclusioni dei giudici d’appello erano illogiche e assertive. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto completamente questa linea argomentativa.

I giudici di legittimità hanno qualificato i motivi del ricorso come ‘mere doglianze’. Si tratta di critiche che non evidenziano un errore di diritto, ma si limitano a contestare l’interpretazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito. Questo tipo di contestazione non è ammessa in sede di legittimità, il cui compito non è quello di celebrare un ‘terzo grado’ di giudizio sui fatti.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello ‘completa e logicamente ineccepibile’. Gli Ermellini hanno sottolineato come dalla lettura del provvedimento impugnato emergesse chiaramente l’infondatezza dei vizi denunciati.

La Prova dello Spaccio e della Resistenza

Per quanto riguarda la cessione dello stupefacente, la Corte ha evidenziato che la prova non derivava solo dalle dichiarazioni dell’acquirente, ma anche e soprattutto dalla ‘diretta osservazione degli operanti’. Questo doppio riscontro probatorio rendeva la ricostruzione della Corte d’Appello solida e difficilmente attaccabile. Analogamente, la prova della resistenza era stata ampiamente dimostrata dalla condotta violenta tenuta dall’imputato durante l’inseguimento, un fatto concreto e inequivocabile.

La Questione della Pena

Anche la censura relativa alla quantificazione della pena è stata giudicata ‘aspecifica’. La Corte ha notato che la sanzione inflitta era molto vicina al minimo edittale, ovvero al limite più basso previsto dalla legge, rendendo la lamentela priva di concreto interesse.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione fondamentale della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte Suprema non è un giudice del fatto, ma del diritto. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge (funzione nomofilattica). Quando una Corte d’Appello fornisce una motivazione logica, coerente e completa, che spiega in modo esauriente perché ha ritenuto provati i fatti e la colpevolezza dell’imputato, non c’è spazio per un annullamento in sede di legittimità. Le argomentazioni del ricorrente, essendo mere contestazioni fattuali, sono state ritenute estranee all’ambito del giudizio di Cassazione e, pertanto, inammissibili.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: non tutti gli argomenti possono essere validamente portati all’attenzione della Corte di Cassazione. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare vizi di legge o vizi logici manifesti e irriducibili nel ragionamento del giudice, non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove. La decisione comporta per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione ritenuta infondata sin dal principio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati erano ‘mere doglianze’, cioè contestazioni sulla valutazione dei fatti e delle prove, e non veri e propri vizi di legge. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito della vicenda.

Quali prove sono state considerate decisive per confermare la condanna?
Per il reato di spaccio, sono state decisive sia le dichiarazioni dell’acquirente sia la ‘diretta osservazione degli operanti’ di polizia. Per la resistenza, è stata determinante la condotta violenta dell’imputato, che ha aggredito l’agente ‘a pugni e calci’ durante l’inseguimento.

Cosa significa che la motivazione della corte d’appello era ‘completa e logicamente ineccepibile’?
Significa che la sentenza di secondo grado spiegava in modo esauriente e senza contraddizioni il percorso logico-giuridico che ha portato alla condanna, basandosi sulle prove raccolte. Questa completezza e coerenza ha reso impossibile per la Cassazione riscontrare il vizio di omessa motivazione lamentato dal ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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