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Inammissibilità ricorso: Cassazione su resistenza

La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La Corte ha stabilito che il ricorso era una semplice ripetizione dei motivi già valutati e respinti in appello, confermando la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro. L’inammissibilità del ricorso è stata motivata dalla mancanza di vizi di legittimità e dalla logicità delle argomentazioni della corte territoriale.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: quando ripetere gli stessi motivi porta alla condanna

L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, allo stesso tempo, più insidiosi del processo penale. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: presentare un ricorso che sia una mera fotocopia dei motivi d’appello, senza sollevare specifiche questioni di legittimità, porta a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori sanzioni economiche. Analizziamo insieme un caso pratico per comprendere le implicazioni di questa decisione.

Il Caso: Dalla Fuga alla Condanna per Resistenza

La vicenda processuale ha origine dal comportamento di un uomo che, dopo una lunga fuga, veniva fermato dalle forze dell’ordine. Lungi dal calmarsi, l’imputato ingaggiava una colluttazione con gli agenti, cagionando loro delle lesioni. Per questi fatti, veniva condannato in primo grado per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.).

La sentenza veniva confermata anche dalla Corte d’Appello, che rigettava le argomentazioni difensive relative sia alla sussistenza degli elementi materiale e psicologico dei reati, sia alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

L’Appello in Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

Nonostante le due sentenze conformi, l’imputato decideva di proporre ricorso per Cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha stroncato sul nascere le sue doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo è tanto semplice quanto cruciale nel diritto processuale: il ricorso non era altro che una “mera riedizione dei motivi di appello”.

In altre parole, la difesa non ha sollevato vizi di legittimità della sentenza impugnata (come l’errata applicazione della legge o la manifesta illogicità della motivazione), ma si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni fattuali già esaminate e respinte, con motivazioni logiche e coerenti, dalla Corte d’Appello. Questo trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito, funzione che non spetta alla Corte di Cassazione.

La corretta funzione della Corte di Cassazione

È importante ricordare che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti del processo (come la credibilità di un testimone o la dinamica di un evento), ma assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Un ricorso che contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, senza individuare un preciso errore di diritto, è destinato all’inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali.

1. La mera riedizione dei motivi

I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse già compiutamente valutato tutti gli aspetti sollevati dalla difesa, fornendo una motivazione priva di “manifesta illogicità”. Riproporre le stesse questioni in sede di legittimità, senza denunciare un vizio specifico della sentenza di secondo grado, rende il ricorso inammissibile.

2. Il diniego della causa di non punibilità

La Corte ha anche confermato la correttezza della decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. La particolare tenuità del fatto è stata esclusa non solo per le lesioni provocate, ma soprattutto in considerazione del comportamento complessivo dell’imputato: la “lunga fuga” e la successiva “colluttazione” con gli agenti sono state ritenute condotte ostative al riconoscimento di tale beneficio, indicando una gravità del fatto non trascurabile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame offre un importante monito: il ricorso per Cassazione non è un’ulteriore possibilità per discutere i fatti. È uno strumento tecnico che deve essere utilizzato per censurare specifici errori di diritto o vizi logici della motivazione. La presentazione di ricorsi basati sulla mera riedizione di argomenti già respinti non solo è inutile ai fini processuali, ma comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente. In questo caso, oltre al pagamento delle spese processuali, l’imputato è stato condannato a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché costituiva una “mera riedizione” dei motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o vizi di legittimità della sentenza impugnata.

Per quale motivo non è stata concessa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La causa di non punibilità non è stata concessa a causa della gravità complessiva della condotta dell’imputato, caratterizzata da una lunga fuga e da una successiva colluttazione con gli agenti, durante la quale ha provocato loro lesioni. Questi elementi sono stati ritenuti ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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