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Inammissibilità ricorso: Cassazione su recidiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22380/2024, ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna, ribadendo che non è possibile chiedere una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto manifestamente infondate anche le censure relative al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla contestazione della recidiva, confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito. Questo caso evidenzia il principio di inammissibilità ricorso per motivi di fatto.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando le Censure di Fatto Non Trovano Spazio

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione penale offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo il principio di inammissibilità ricorso quando questo si fonda su una richiesta di rivalutazione delle prove. Con questa pronuncia, i giudici supremi chiariscono ancora una volta la distinzione tra un vizio di legge, sindacabile in Cassazione, e una censura sul merito dei fatti, di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.

Il Caso in Analisi: un Ricorso contro la Responsabilità Penale

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. I motivi dell’impugnazione si concentravano su tre aspetti principali, tutti mirati a smontare l’impianto accusatorio e a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

I Motivi del Ricorso

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha contestato in primo luogo l’affermazione della sua responsabilità penale. Le censure, tuttavia, non vertevano su un’errata applicazione della legge, bensì miravano a ottenere una rilettura delle risultanze probatorie, come le dichiarazioni delle persone offese e i riconoscimenti fotografici.
In secondo luogo, il ricorrente si doleva del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dell’omessa esclusione della recidiva e, infine, della quantificazione della pena ritenuta eccessiva.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità Ricorso

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il ragionamento seguito dai giudici si articola su principi consolidati della procedura penale, che meritano di essere analizzati nel dettaglio.

Il Divieto di Rivalutazione del Merito

Sul primo motivo, la Corte ha sottolineato che le critiche dell’imputato erano finalizzate a ottenere una “rivalutazione delle risultanze probatorie”, attività estranea al “sindacato di legittimità”. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti; il suo compito è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Poiché nel caso di specie i giudici di appello avevano fornito argomenti “corretti e logici” sull’attendibilità delle prove, qualsiasi ulteriore discussione sul punto è stata ritenuta inammissibile.

La Motivazione sulla Recidiva e sulle Attenuanti

Anche i motivi relativi alla recidiva e alle attenuanti sono stati giudicati “manifestamente infondati”. La Corte ha validato la decisione dei giudici di merito di confermare la recidiva, valorizzando i numerosi precedenti penali dell’imputato e la sua “indifferenza rispetto alle conseguenze penali”, dimostrata dal fatto di aver ripreso a delinquere dopo anni di carcere. Questo comportamento, secondo i giudici, testimoniava il “persistere e il rinnovarsi della medesima spinta criminosa”.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in tema di motivazione della sentenza. Per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche, ha chiarito che non è necessario che il giudice prenda in considerazione analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente che la sua decisione sia basata su un “congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi”, come era avvenuto nel caso in esame. Una volta che il giudice ha individuato ragioni valide per negare il beneficio, tutte le altre argomentazioni si intendono implicitamente superate.
Allo stesso modo, per la determinazione della pena, la Corte ha ricordato che la sua graduazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Salvo i casi in cui la pena sia di gran lunga superiore alla misura media (che richiedono una spiegazione dettagliata), è sufficiente l’utilizzo di espressioni come “pena congrua” o “pena equa” per assolvere l’obbligo di motivazione.

Conclusioni

L’ordinanza conferma che la strada per un ricorso in Cassazione è stretta e richiede la precisa individuazione di vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica. L’insistenza su argomenti di fatto, già vagliati nei gradi di merito, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità ricorso. La decisione sottolinea inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze attenuanti, della recidiva e della congruità della pena, poteri che possono essere censurati in sede di legittimità solo in caso di violazioni di legge o di motivazioni palesemente arbitrarie.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come le testimonianze o i riconoscimenti fotografici?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è limitato al “sindacato di legittimità”, ovvero al controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado).

Per negare le circostanze attenuanti generiche, il giudice deve giustificare la sua decisione su ogni singolo elemento a favore e a sfavore dell’imputato?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, è sufficiente che il giudice di merito motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o alla semplice assenza di elementi positivi, senza dover analizzare tutti gli argomenti presentati dalle parti.

Come viene giustificata la conferma della recidiva in un caso come questo?
La Corte ha ritenuto corretta la conferma della recidiva basandosi sui numerosi precedenti penali dell’imputato per reati contro il patrimonio e sulla sua indifferenza verso le conseguenze penali. Il fatto che avesse ripreso a delinquere dopo aver trascorso anni in carcere è stato considerato una prova della sua persistente e rinnovata “spinta criminosa”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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