Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46023 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46023 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Marocco il 30/06/1977
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME con le quali ci si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro, parzialmente riformando, quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, emessa il 13 luglio 2021, ha confermato la responsabilità del ricorrente per i reati di tentata estorsione aggravata, lesioni personali, porto illegale di coltello, resistenza a pubblico ufficiale e tentata violenza privata.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:
violazione di legge per non avere la Corte ritenuto di lieve entità il tentativo d estorsione di cui al capo A, tenuto conto del modestissimo valore della somma richiesta, pari a 50 euro; ciò, in relazione alla sentenza n. 120 del 2023 della Corte costituzionale;
violazione di legge in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato di lesion personali, dal momento che il teste COGNOME avrebbe escluso la presenza del dolo in capo al ricorrente;
3) vizio della motivazione quanto alla ritenuta responsabilità per il reato di porto di coltello, tenuto conto delle dichiarazioni del teste COGNOME e del mancato ritrovamento dell’arma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti o manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, la sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, con la quale si impone oggi di valutare la possibilità di ritenere sussistente la circostanza della lieve entità del fatto anche per il reato di estorsione, è intervenuta prima della sentenza impugnata, sicché era onere del ricorrente fare espressa richiesta o attraverso i motivi nuovi o in sede di conclusioni, circostanze non verificatesi.
In ogni caso, nella sentenza impugnata si rinvengono elementi incompatibili con il riconoscimento della circostanza attenuante, come la reiterazione della condotta estorsiva in due momenti differenti e la gravità della violenza fisica esercitata sulla persona offesa, vale a dire la presenza di elementi individuati dalla Corte costituzionale come parametri di valutazione ai fini del riconoscimento dell’attenuante (in particolare, la scarsità dell’offesa personale alla vittima).
Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto le lesioni personali sono state inferte dal ricorrente in due momenti differenti, prima davanti ad un bar e poi sotto casa della vittima, colpita prima con un coltello e poi con un mattone, sicché si rivela irrilevante l’apporto del teste COGNOME che aveva assistito solo ad un segmento dell’azione.
Peraltro, le dichiarazioni della persona offesa, giudicate attendibili e riscontrate da altri elementi esterni che il ricorso non cita (dichiarazioni della sorella, refer medico, dichiarazioni di un teste di polizia giudiziaria) escludono che l’imputato
avesse agito in assenza di dolo, come correttamente evidenziato dalla sentenza impugnata.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto l’uso del coltello è stato provato attraverso le dichiarazioni della persona offesa reputate attendibili dalla Corte di appello in ragione di quanto sopra precisato, senza incorrere in vizi logici.
Tanto assorbe e supera ogni altra argomentazione difensiva.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 07/11/2024.