Inammissibilità ricorso cassazione: quando la prescrizione non salva
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale: l’inammissibilità del ricorso per cassazione blocca la possibilità di dichiarare la prescrizione del reato, anche se questa matura dopo la sentenza di appello. Questa decisione offre spunti importanti sul rapporto tra i vizi del ricorso e l’estinzione del reato per decorso del tempo.
I Fatti del Caso
Il caso riguardava un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. L’avvenuta prescrizione del reato.
2. L’errata motivazione della Corte d’Appello nel negare l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La Decisione della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Questa dichiarazione ha avuto un effetto decisivo sull’esito del giudizio, in particolare per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione.
La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica in caso di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni: L’Inammissibilità Blocca la Prescrizione
Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione del perché la prescrizione non potesse essere dichiarata. I giudici hanno analizzato la tempistica: il reato era stato commesso il 18 novembre 2014 e, tenendo conto di un periodo di sospensione di 383 giorni, il termine di prescrizione sarebbe scaduto il 5 giugno 2023. Questa data era successiva alla sentenza della Corte d’Appello (emessa il 15 maggio 2023).
Qui interviene il principio consolidato della giurisprudenza di legittimità: l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di esaminare cause di estinzione del reato, come la prescrizione, maturate successivamente al provvedimento impugnato. In altre parole, se il ricorso è viziato in origine perché manifestamente infondato, non si forma un valido rapporto processuale in Cassazione. Di conseguenza, il giudice non può ‘guardare oltre’ l’atto di impugnazione per rilevare eventi favorevoli all’imputato, come la maturazione della prescrizione.
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, la Corte ha semplicemente affermato che il giudice di merito aveva correttamente valutato la gravità del fatto come elemento ostativo all’applicazione della causa di non punibilità, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello adeguata e non censurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rafforza un concetto cruciale: la proposizione di un ricorso per cassazione non è un atto privo di conseguenze. Se i motivi sono deboli o palesemente infondati, il ricorso non solo verrà respinto, ma la sua stessa inammissibilità cristallizzerà la situazione giuridica esistente al momento della sentenza d’appello. Ciò significa che l’imputato non potrà beneficiare del tempo che trascorre durante il giudizio di Cassazione per ottenere l’estinzione del reato per prescrizione. La decisione serve da monito sull’importanza di presentare ricorsi solidi e ben argomentati, poiché un’impugnazione pretestuosa può rivelarsi controproducente, impedendo l’applicazione di istituti altrimenti favorevoli.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati, riguardanti la prescrizione e la tenuità del fatto, sono stati giudicati dalla Corte di Cassazione come manifestamente infondati.
Cosa succede se la prescrizione di un reato matura dopo la sentenza di appello?
Secondo questa ordinanza, se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile, non è possibile dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se il termine matura dopo la data della sentenza di appello impugnata. L’inammissibilità del ricorso ‘congela’ la situazione giuridica.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha stabilito che i giudici dei gradi precedenti avevano correttamente valutato la gravità del fatto commesso, considerandola un elemento sufficiente a escludere l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35884 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso in relazione alla condanna per il reato di cui all’ar 385 cod. pen.
Osservato che gli stessi sono inammissibili perché nel complesso manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, che deduce l’intervenuta prescrizione del reato, si rileva che il fatto è stato commesso in data 18/11/2014 e che, alla luce dei 383 giorni di sospensione dei termini prescrizionali, l’estinzione del reato per prescrizione cade in data 05/06/2023, successiva alla sentenza di appello. La giurisprudenza consolidata di questa corte di legittimità ritiene che l’inammissibilità del ricor per cassazione precluda la possibilità di esaminare il motivo nuovo concernente l’eccezione di prescrizione qualora questa sia maturata successivamente al provvedimento impugnato, come nel caso di specie.
In relazione al secondo motivo di ricorso, che contesta la motivazione della sentenza impugnata in punto di tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., occorre rilevare che il giudice di merito ha correttamente valutato, come motivo ostativo all’applicazione di tale causa di non punibilità, la gravità del fatto.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
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