Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46414 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46414 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato il 27/02/1972
avverso la sentenza del 19/03/2024 del TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo e il secondo motivo dell’appello presentato nell’interesse di NOME COGNOMEdichiarata responsabile di tre violazione contemplate dal d.lgs. 81/2008), convertito in ricorso per cassazione trattandosi di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda, come tale non appellabile, mediante i quali è stata denunciata la mancanza di prova dei reati contestati e del relativo elemento soggettivo, sono inammissibili sia a causa della loro genericità, essendo privi di autentico confronto critic con la motivazione del provvedimento impugnato; sia perché sono volti a conseguire una indebita e non consentita rivisitazione delle risultanze istruttorie, circa la veste di dat di lavoro della ricorrente e la sussistenza di rapporto di lavoro dipendente con il soggetto presente in cantiere, risultanze che, però, sono state apprezzate logicamente dal Tribunale, che nella motivazione della sentenza ha adeguatamente sottolineato l’assenza di elementi che consentano di ritenere che la ricorrente fosse una mera prestanome e anche gli indici inequivoci dello svolgimento di attività lavorativa da parte del soggett presente in cantiere in tenuta da lavoro e con in mano gli attrezzi da lavoro, non suscettibili di rivisitazione o rilettura in questa sede di legittimità.
Considerato che il terzo e il quarto motivo di ricorso, con i quali è stata lamentata l’eccessività del trattamento sanzionatorio, sia per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche alla sola pena base, sia per l’errata individuazione del reato più grave, sia, comunque, per l’eccessività della pena finale, sono manifestamente infondati, in quanto:
vi è solo l’obbligo di valutare globalmente gli elementi favorevoli, ai fi dell’individuazione del congruo aumento di pena conseguente alla riconosciuta continuazione (Sez. 3, n. 22091 del 09/03/2023, Albergo, Rv. 284663 – 01);
il reato più grave è stato correttamente individuato in quello di cui al capo 3), di cui all’art. 96, comma 1, lett. g), d.lgs. 81/2008, punito con l’arresto da tre a sei m o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro, in quanto quelli di cui ai capi 1 e 2, di cui agli artt. 37, comma 1, e 18, comma 1, lett. c), del medesimo d.lgs. 81/2008, sono puniti con pene più lievi (con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro);
il trattamento sanzionatorio, consistito nella applicazione della sola pena pecuniaria, è stato adeguatamente giustificato, sottolineandone la sua adeguatezza alla effettiva entità dei fatti, considerando anche l’avvenuta sanatoria di parte dell irregolarità riscontrate nel corso del sopralluogo.
Rilevato che con memoria del 27 settembre 2024 la ricorrente, per il tramite dell’Avvocato NOME COGNOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ribadendo, in particolare, la fondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso, senza addurre significativi elementi di novità.
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Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato.
Considerato che l’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, COGNOME, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME, Rv. 261616; nonché Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, COGNOME, Rv. 268966).
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente