Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43793 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43793 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 30/08/1972
avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 10 novembre 2022 la Corte di appello di Palermo – per quanto di specifico interesse in questa sede -, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Termini Imerese del 9 settembre 2020, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro 185,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110, 56, 624-bis e 625 n. 2 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al disposto rigetto della richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione tra il fatto contestato nel presente procedimento e quello giudicato con la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Termini Imerese in data 7 ottobre 2011.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alle ragioni per cui non è da ritenersi sussistente l’identità del disegno criminoso tra il reato oggetto del presente giudizio e quello giudicato con la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 7 ottobre 2011 – essendo stato l’uno la realizzazione di un precedente programma criminoso e l’altro la mera concretizzazione di una volizione criminale estemporanea (cfr. p. 7 della sentenza impugnata) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il/bresidente