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Inammissibilità ricorso Cassazione per stupefacenti

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto da due conviventi condannati per detenzione di stupefacenti. L’inammissibilità del ricorso Cassazione per uno dei ricorrenti deriva dalla precedente rinuncia a un motivo d’appello. Per l’altra ricorrente, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivato l’aumento di pena basato sulla sua capacità a delinquere, desunta dalla quantità di droga e dai suoi contatti.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Analisi di un Caso di Stupefacenti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti sulla corretta proposizione dei ricorsi e sui limiti del sindacato di legittimità in materia di trattamento sanzionatorio. Il caso riguarda due persone condannate per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’esito del giudizio di legittimità è stato netto: l’inammissibilità ricorso Cassazione per entrambi gli imputati, sebbene per ragioni diverse. Analizziamo i dettagli della vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Due conviventi sono stati condannati in appello alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione e 22.000 euro di multa per aver detenuto, in concorso tra loro, un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti. Nello specifico, sono stati rinvenuti 102 grammi di cocaina trasportati dalla donna all’interno di una pochette, 2 grammi di cocaina sulla persona dell’uomo, e ulteriori 140 grammi di hashish e 0,45 grammi di marijuana nella loro abitazione comune.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni relative alla responsabilità e alla quantificazione della pena.

Analisi dei Motivi di Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

I motivi di ricorso presentati dai due imputati erano distinti e hanno trovato un esito comune nell’inammissibilità. L’analisi di questi motivi è fondamentale per comprendere i principi procedurali che governano il giudizio di legittimità.

La Posizione del Primo Ricorrente

L’uomo aveva incentrato il suo ricorso sulla detenzione dei 102 grammi di cocaina, chiedendo una riqualificazione del fatto come di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990. Tuttavia, la Corte ha rilevato un vizio procedurale insuperabile: l’imputato, nel corso del giudizio di appello, aveva espressamente rinunciato al motivo di impugnazione relativo alla detenzione dell’hashish. Tale rinuncia ha precluso la possibilità di sollevare qualsiasi doglianza relativa a tale addebito in sede di legittimità, rendendo il suo ricorso inammissibile.

La Posizione della Seconda Ricorrente

La donna, invece, ha lamentato un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, ha contestato l’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati, ritenendolo eccessivo. Anche in questo caso, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito sulla pena è insindacabile in Cassazione se supportata da una motivazione logica e priva di vizi giuridici.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni dietro la declaratoria di inammissibilità per entrambi i ricorsi. Per il primo ricorrente, il principio applicato è quello della consumazione del diritto di impugnazione: una volta rinunciato a un motivo in un grado di giudizio, non è più possibile riproporlo in una fase successiva. La rinuncia, effettuata personalmente in secondo grado, ha cristallizzato la sua posizione su quel punto, rendendo inattaccabile l’addebito relativo alla detenzione di hashish.

Per quanto riguarda la seconda ricorrente, la Corte ha validato la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva giustificato l’aumento di pena facendo riferimento alla spiccata capacità a delinquere dell’imputata. Tale valutazione non era arbitraria, ma fondata su elementi concreti: la notevole quantità e la varietà delle droghe detenute (cocaina, hashish, marijuana) e i rapporti con soggetti pregiudicati emersi dall’analisi del suo telefono cellulare. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e, se la motivazione è adeguata come in questo caso, non può essere oggetto di censura in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali del nostro sistema processuale. In primo luogo, l’importanza della strategia difensiva nei vari gradi di giudizio: le scelte procedurali, come la rinuncia a un motivo d’appello, hanno conseguenze definitive e non possono essere rimesse in discussione. In secondo luogo, conferma i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non è un terzo grado di merito, ma un giudice della legittimità. La quantificazione della pena, se ancorata a una motivazione coerente e non palesemente illogica, non è sindacabile. La decisione comporta per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi manifestamente infondati.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso a cui si era rinunciato in appello?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio perché il ricorrente aveva rinunciato in secondo grado al motivo di impugnazione relativo alla detenzione di una delle sostanze stupefacenti, rendendo improponibile la doglianza in sede di legittimità.

La Corte di Cassazione può riesaminare la quantificazione della pena decisa dal giudice di merito?
No, la Cassazione non può riesaminare la quantificazione della pena se la motivazione del giudice di merito è esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione con cui è stato giustificato l’aumento di pena è stata ritenuta adeguata e logica.

Quali elementi possono essere usati per valutare la capacità a delinquere di un imputato ai fini della pena?
La sentenza evidenzia che la capacità a delinquere può essere desunta non solo dalla quantità e varietà delle droghe detenute, ma anche da elementi esterni come i contatti con persone pregiudicate, emersi, come in questo caso, dall’analisi del telefono dell’imputata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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