Inammissibilità ricorso Cassazione: quando la rivalutazione dei fatti è preclusa
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Con la pronuncia in esame, i giudici hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato da un imputato, condannato per detenzione ai fini di spaccio di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti. Analizziamo i dettagli del caso e le ragioni giuridiche alla base della decisione.
I Fatti di Causa e la Tesi Difensiva
Il caso trae origine dal sequestro di circa un chilogrammo di sostanza stupefacente, suddiviso in dieci panetti, rinvenuto all’interno di un’intercapedine dietro un frigorifero nell’abitazione dell’imputato. La difesa aveva sostenuto che la droga non appartenesse al proprio assistito, ma a un ex inquilino con cui, peraltro, avrebbe avuto dei dissidi. Secondo la tesi difensiva, questa circostanza rendeva illogico che l’imputato potesse essere il custode della sostanza.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa ricostruzione, ritenendola manifestamente illogica per due ragioni principali:
1. La conformazione dei luoghi non avrebbe permesso il passaggio dei panetti attraverso le sbarre di una finestra, come suggerito dalla difesa.
2. Appariva del tutto irragionevole che una persona decidesse di occultare un quantitativo così rilevante di droga nell’abitazione di un terzo con cui aveva litigato, rischiando di perderne il controllo.
I Limiti del Giudizio e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La difesa ha proposto ricorso per Cassazione, tentando di rimettere in discussione la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Tuttavia, la Suprema Corte ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità, che non consente una nuova analisi delle fonti probatorie.
Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti. Tentare di ottenere una “rivalutazione delle fonti probatorie”, come ha fatto il ricorrente, è un’attività estranea al sindacato di legittimità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha ritenuto la valutazione della Corte d’Appello né illogica né contraddittoria. Oltre a respingere la tesi difensiva sull’appartenenza della droga, i giudici hanno confermato la finalità di spaccio. Tale conclusione si è basata su elementi oggettivi e inequivocabili: l’enorme quantitativo di stupefacente, pari a 538 dosi medie, le particolari modalità di occultamento e le condizioni economiche dell’imputato, giudicate incompatibili con l’acquisto di una simile quantità per mero uso personale. La decisione di inammissibilità ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, non ravvisando alcuna assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con chiarezza i confini del giudizio di Cassazione. Non è la sede per contestare la ricostruzione dei fatti decisa nei primi due gradi di giudizio, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto. Per i professionisti e gli imputati, ciò significa che le strategie difensive devono concentrarsi, in sede di legittimità, esclusivamente su questioni procedurali o di errata interpretazione della legge, e non su un tentativo, destinato al fallimento, di ottenere una terza valutazione del merito della vicenda.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non contestavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività che è preclusa alla Corte di Cassazione.
Quali elementi hanno convinto i giudici della finalità di spaccio della droga?
I giudici hanno confermato la finalità di spaccio sulla base di tre elementi principali: l’ingente quantitativo di stupefacente (pari a 538 dosi medie), le specifiche modalità di occultamento (in un’intercapedine dietro un frigorifero) e le condizioni economiche dell’imputato, ritenute incompatibili con la possibilità di acquistare una quantità così significativa per uso personale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No, non è possibile. Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di effettuare un “sindacato di legittimità”, ovvero controllare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici di primo e secondo grado. La Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei tribunali precedenti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica o assente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8216 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8216 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
Rilevato che i due motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME – esam congiuntamente in quanto entrambi diretti a contestare l’affermazione della pena responsabilità – non sono consentiti dalla legge penale in sede di legittimità poiché v prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, a la Corte di merito, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica, per un ver respinto la tesi difensiva secondo cui lo stupefacente sequestrato era riconducibile a inquilino in considerazione sia della conformazione dei luoghi, che non consentiva di colloca in un’intercapedine posta dietro il frigorifero dieci panetti del peso complessivo di peraltro contenuti in un’unica busta che neppure avrebbe potuto passare tra le sbarre del finestra in questione, sia perché non risponde ad alcuna logica che il detentore di quantitativo così rilevante di stupefacente decida di occultarlo presso l’abitazione di un con il quale, per di più, secondo la prospettazione difensiva avrebbe litigato, e quindi rischio di perdere la partita di droga; per altro verso, ribadito la finalità di cessione quantitativo di stupefacente, pari a 538 dosi medie, le indicate modalità di occultamento condizioni economiche dell’imputato, incompatibili con la possibilità di acquistare quantitativo così significativo di droga per uso personale;
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazio della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa de ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.