Ricorso in Cassazione Inammissibile: Pena per Droga Ben Motivata
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, al contempo, più significativi nel panorama della giustizia penale. Significa che l’impugnazione non supera il vaglio preliminare della Suprema Corte e non viene esaminata nel merito. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di questo principio, applicato a un caso di detenzione di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti, dove l’unico motivo di doglianza riguardava la presunta eccessività della pena.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti. In un primo momento, il Tribunale aveva inflitto una pena di 5 anni di reclusione e 30.000 euro di multa. Successivamente, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva parzialmente riformato la decisione. A seguito di un’assoluzione per uno dei capi d’imputazione, la pena era stata rideterminata in 2 anni e 6 mesi di reclusione e 6.000 euro di multa, confermando la colpevolezza per il reato residuo.
Nonostante la significativa riduzione della pena, l’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando non la sua colpevolezza, ma esclusivamente l’entità della sanzione irrogata.
Il Motivo del Ricorso: Critica alla Dosimetria della Pena
L’unico motivo di impugnazione si concentrava sulla cosiddetta “dosimetria della pena”. L’imputato, attraverso i suoi legali, sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso una violazione di legge nel calcolare la sanzione, ritenendola sproporzionata. Questo tipo di critica è molto comune, ma per essere accolta in Cassazione deve basarsi su vizi giuridici specifici e non su una mera valutazione di merito.
L’Analisi della Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il cuore della decisione risiede nella valutazione della motivazione della sentenza d’appello. I giudici supremi hanno osservato che la pena inflitta era stata giustificata in modo logico e adeguato, facendo riferimento a un elemento fattuale di indiscutibile gravità: il “rilevante compendio di sostanze stupefacenti” detenuto dall’imputato, pari a circa 10 kg lordi.
Secondo la Corte, una volta che il giudice di merito fornisce una motivazione congrua e non manifestamente illogica per la quantificazione della pena, la Cassazione non può intervenire per sostituire la propria valutazione a quella precedente. Il ricorso, in questi casi, si trasforma in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul fatto, attività preclusa alla Suprema Corte, che è giudice di legittimità e non di merito.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione dell’ordinanza si fonda su un principio cardine del sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non rivalutare le prove o la congruità della pena. In questo caso, la Corte d’Appello aveva esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, ancorando la sua decisione a un dato oggettivo (l’enorme quantità di droga) che, per legge, è un criterio fondamentale per determinare la gravità del reato e, di conseguenza, la pena.
L’impugnazione dell’imputato era, di fatto, priva di un reale vizio di legittimità e si risolveva in una semplice richiesta di una pena più mite, istanza che non può trovare accoglimento in sede di Cassazione. Pertanto, constatata l’assenza di elementi che potessero far ritenere incolpevole la proposizione del ricorso, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche
La declaratoria di inammissibilità del ricorso in cassazione ha comportato due conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento di tutte le spese processuali sostenute. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati. Questa decisione ribadisce un messaggio importante: l’accesso alla Corte di Cassazione deve essere riservato a questioni di reale violazione di legge, e non può essere utilizzato come un’ultima spiaggia per contestare valutazioni discrezionali adeguatamente motivate dai giudici di merito.
Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Risposta: Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava unicamente la quantità della pena inflitta, che i giudici hanno ritenuto adeguatamente motivata dalla Corte d’Appello in base alla notevole quantità di sostanza stupefacente detenuta (circa 10 kg).
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Risposta: In base alla decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
È possibile contestare in Cassazione la quantità di una pena?
Risposta: È possibile contestarla solo se si dimostra una “violazione di legge” o un’assenza totale di motivazione da parte del giudice precedente. Non è possibile, come in questo caso, chiedere alla Cassazione di rivalutare la congruità della pena se questa è stata motivata in modo logico e conforme alla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38531 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38531 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MONDRAGONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria il giorno 29 settembre 2023 la Corte di appello diNap i c tg .1 2~ede di rinvio, riformava la precedente decisione del giorno g0 aprile( con cui il Tribunale di Santa Maria di Capua Vetere aveva condannato NOME alla pena di anni 5 di reclusione ed C 30.000 di multa, rideterminando la pena inflitta in complessivi anni 2 e mesi 6 di reclusione ed C 6.000 di multa per effetto dell’assoluzione quanto al capo a) dell’imputazione e confermando nel resto avendolo ritenuto colpevole del reato residuo ascritto;
che per l’annullamento di predetta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva la violazione di legge con riferimento alla dosimetria della pena irrogata;
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo in esso contenuto avente esclusivamente ad oggetto la sanzione irrogata a carico del COGNOME è inammissibile in quanto la relativa statuizione risulta adeguatamente motivata in funzione del rilevante compendio di sostanze stupefacenti, pari a circa 10 kg lordi detenuti dal prevenuto;
Che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativannente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024