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Inammissibilità ricorso Cassazione per pena droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso presentato contro una sentenza di condanna per detenzione di sostanze stupefacenti. Il ricorrente contestava l’entità della pena, ma la Corte ha ritenuto che la sanzione fosse adeguatamente motivata dalla notevole quantità di droga sequestrata (circa 10 kg). Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso in cassazione ha comportato la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: Pena per Droga Ben Motivata

L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, al contempo, più significativi nel panorama della giustizia penale. Significa che l’impugnazione non supera il vaglio preliminare della Suprema Corte e non viene esaminata nel merito. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di questo principio, applicato a un caso di detenzione di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti, dove l’unico motivo di doglianza riguardava la presunta eccessività della pena.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti. In un primo momento, il Tribunale aveva inflitto una pena di 5 anni di reclusione e 30.000 euro di multa. Successivamente, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva parzialmente riformato la decisione. A seguito di un’assoluzione per uno dei capi d’imputazione, la pena era stata rideterminata in 2 anni e 6 mesi di reclusione e 6.000 euro di multa, confermando la colpevolezza per il reato residuo.

Nonostante la significativa riduzione della pena, l’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando non la sua colpevolezza, ma esclusivamente l’entità della sanzione irrogata.

Il Motivo del Ricorso: Critica alla Dosimetria della Pena

L’unico motivo di impugnazione si concentrava sulla cosiddetta “dosimetria della pena”. L’imputato, attraverso i suoi legali, sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso una violazione di legge nel calcolare la sanzione, ritenendola sproporzionata. Questo tipo di critica è molto comune, ma per essere accolta in Cassazione deve basarsi su vizi giuridici specifici e non su una mera valutazione di merito.

L’Analisi della Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il cuore della decisione risiede nella valutazione della motivazione della sentenza d’appello. I giudici supremi hanno osservato che la pena inflitta era stata giustificata in modo logico e adeguato, facendo riferimento a un elemento fattuale di indiscutibile gravità: il “rilevante compendio di sostanze stupefacenti” detenuto dall’imputato, pari a circa 10 kg lordi.

Secondo la Corte, una volta che il giudice di merito fornisce una motivazione congrua e non manifestamente illogica per la quantificazione della pena, la Cassazione non può intervenire per sostituire la propria valutazione a quella precedente. Il ricorso, in questi casi, si trasforma in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul fatto, attività preclusa alla Suprema Corte, che è giudice di legittimità e non di merito.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza si fonda su un principio cardine del sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non rivalutare le prove o la congruità della pena. In questo caso, la Corte d’Appello aveva esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, ancorando la sua decisione a un dato oggettivo (l’enorme quantità di droga) che, per legge, è un criterio fondamentale per determinare la gravità del reato e, di conseguenza, la pena.

L’impugnazione dell’imputato era, di fatto, priva di un reale vizio di legittimità e si risolveva in una semplice richiesta di una pena più mite, istanza che non può trovare accoglimento in sede di Cassazione. Pertanto, constatata l’assenza di elementi che potessero far ritenere incolpevole la proposizione del ricorso, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche

La declaratoria di inammissibilità del ricorso in cassazione ha comportato due conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento di tutte le spese processuali sostenute. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati. Questa decisione ribadisce un messaggio importante: l’accesso alla Corte di Cassazione deve essere riservato a questioni di reale violazione di legge, e non può essere utilizzato come un’ultima spiaggia per contestare valutazioni discrezionali adeguatamente motivate dai giudici di merito.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Risposta: Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava unicamente la quantità della pena inflitta, che i giudici hanno ritenuto adeguatamente motivata dalla Corte d’Appello in base alla notevole quantità di sostanza stupefacente detenuta (circa 10 kg).

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Risposta: In base alla decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

È possibile contestare in Cassazione la quantità di una pena?
Risposta: È possibile contestarla solo se si dimostra una “violazione di legge” o un’assenza totale di motivazione da parte del giudice precedente. Non è possibile, come in questo caso, chiedere alla Cassazione di rivalutare la congruità della pena se questa è stata motivata in modo logico e conforme alla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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