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Inammissibilità ricorso Cassazione per gestione rifiuti

Un cittadino condannato per gestione illecita di rifiuti ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la prescrizione del reato e un vizio di motivazione della sentenza di condanna. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, chiarendo che il termine di prescrizione non era ancora decorso e che le censure sulla motivazione miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: il Caso della Gestione Illecita di Rifiuti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i confini invalicabili del giudizio di legittimità, dichiarando l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per gestione illecita di rifiuti. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. L’analisi del caso offre spunti cruciali sulla differenza tra censure di legittimità e doglianze di merito, nonché sulle conseguenze dell’inammissibilità ricorso cassazione.

I Fatti alla Base della Controversia

Un privato cittadino era stato condannato nei gradi di merito per il reato previsto dall’art. 256, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 152/2006. L’accusa era quella di aver trasportato e scaricato rifiuti di varia natura, inclusi materiali provenienti da lavorazioni edili, su un proprio terreno, allo scopo di riempire le fondamenta di alcune costruzioni. I fatti contestati risalivano al 17 maggio 2018.

I Motivi del Ricorso e la Presunta Prescrizione

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi:
1. Estinzione del reato per prescrizione: Secondo la difesa, il tempo necessario a prescrivere il reato era ormai decorso.
2. Vizio della motivazione: La difesa sosteneva che la sentenza di condanna fosse basata su un’errata valutazione delle prove e una motivazione illogica riguardo all’affermazione della sua responsabilità.

La Decisione della Corte sull’Inammissibilità Ricorso Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei limiti del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno rilevato che la doglianza sulla prescrizione era palesemente infondata. Il reato era stato commesso il 17 maggio 2018 e la sentenza d’appello era stata pronunciata il 30 gennaio 2024. Il termine di prescrizione, quindi, non era ancora maturato, essendo previsto per il 17 febbraio 2024. La pronuncia di condanna era intervenuta prima della scadenza, rendendo l’argomento irricevibile.

Sul secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale. Le critiche mosse dal ricorrente non rientravano nel novero delle censure ammissibili in sede di legittimità. L’imputato, infatti, non lamentava un’illogicità manifesta o una contraddittorietà della motivazione, ma chiedeva alla Corte una nuova e diversa valutazione delle prove, come le fotografie e le dichiarazioni del funzionario ARPA. Questo tipo di attività, ovvero la ricostruzione del fatto e l’apprezzamento delle prove, è riservato esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado). La Cassazione può solo verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia congrua, logica e completa, cosa che nel caso di specie è stata ampiamente riscontrata. I giudici d’appello avevano esaminato tutte le argomentazioni difensive e avevano costruito un percorso logico-giuridico coerente per giungere alla condanna, basandosi su una ricostruzione precisa e circostanziata dei fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che tentare di trasformare il giudizio di Cassazione in un terzo grado di merito è una strategia destinata al fallimento. L’inammissibilità ricorso cassazione non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche dirette per il ricorrente. Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, in assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso che attengano strettamente ai vizi di legittimità, evitando di contestare l’insindacabile valutazione dei fatti operata dai giudici di merito.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come foto o testimonianze?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o ricostruire i fatti, attività che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

Come viene calcolata la prescrizione in relazione alle sentenze?
La prescrizione è un termine entro il quale un reato si estingue se non interviene una sentenza di condanna. Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la sentenza di appello, essendo stata pronunciata prima della data di scadenza del termine di prescrizione, ha impedito l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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