LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso Cassazione: pena e motivazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per coltivazione di marijuana. La Corte ha stabilito che il ricorso era una mera riproposizione di motivi già valutati e respinti in appello. La decisione sottolinea che la determinazione della pena e la negazione della sospensione condizionale, se adeguatamente motivate dai giudici di merito, non possono essere riesaminate in sede di legittimità, confermando così l’inammissibilità del ricorso in Cassazione quando non si denunciano vizi logici o violazioni di legge.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Motivazione sulla Pena è Insindacabile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la valutazione sulla congruità della pena è di competenza esclusiva dei giudici di merito. Se la loro decisione è supportata da una motivazione logica e coerente, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Questo caso, riguardante la coltivazione di stupefacenti, offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione quando le doglianze si limitano a riproporre questioni già esaminate e a criticare l’apprezzamento del giudice.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per la coltivazione e produzione di marijuana, in violazione dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello di Bari aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo la pena adeguata alla gravità dei fatti. In particolare, i giudici avevano evidenziato che l’attività dell’imputato non era né rudimentale né di ridotte dimensioni, ma configurava una vera e propria impresa finalizzata alla vendita a un mercato di consumatori non ristretto. Di conseguenza, era stata negata sia l’applicazione della pena minima sia la concessione del beneficio della sospensione condizionale.

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando essenzialmente un’errata valutazione della pena da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale: la doglianza dell’imputato non rappresentava una critica a vizi di legge o a difetti logici della motivazione, ma costituiva una mera riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una spiegazione congrua e logica per le proprie decisioni, sia riguardo all’entità della pena sia al diniego della sospensione condizionale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha articolato la sua motivazione su due pilastri principali:

1. La discrezionalità del giudice di merito: La graduazione della pena, ai sensi degli artt. 132 e 133 del codice penale, è un’attività che rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è sindacabile in sede di cassazione, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria, illogica o priva di motivazione. Nel caso di specie, i giudici di appello avevano giustificato la pena inflitta facendo riferimento alle concrete modalità della condotta, descrivendola come un’attività organizzata e non occasionale. Questa motivazione è stata ritenuta sufficiente, logica e non contraddittoria.

2. I limiti del giudizio di cassazione: Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel quale si possono riesaminare i fatti e il merito delle decisioni. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Pertanto, un ricorso che si limita a dissentire dalla valutazione operata dai giudici di merito, proponendone una alternativa ritenuta più corretta dalla difesa, esula dai poteri della Corte di Cassazione e deve essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: per ottenere una revisione della pena in Cassazione, non è sufficiente sostenere che essa sia eccessiva. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice di merito è viziata da un’evidente illogicità o da una violazione di legge. In assenza di tali vizi, il ricorso si risolve in una richiesta di nuova valutazione del merito, preclusa in sede di legittimità. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso in esame.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele (doglianze) erano una semplice riproposizione di motivi già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, e la motivazione della sentenza impugnata era stata ritenuta logica, congrua e non contraddittoria.

La Corte di Cassazione può modificare una pena ritenuta troppo alta?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità della pena, poiché questa rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Può intervenire solo se la determinazione della pena è frutto di un ragionamento palesemente illogico, arbitrario o se la motivazione è del tutto assente.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati