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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi reiterativi

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi sono stati giudicati reiterativi e manifestamente infondati, in quanto miravano a una nuova valutazione dei fatti e contestavano erroneamente la valutazione sulla pericolosità sociale, confondendola con la recidiva formale. L’ordinanza conferma che il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando i Motivi sono Deboli e Reiterativi

L’accesso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento, è soggetto a regole precise. Non basta essere insoddisfatti di una sentenza per ottenere un riesame. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda con chiarezza le conseguenze di un’impugnazione basata su argomenti deboli, confermando l’inammissibilità del ricorso in Cassazione quando i motivi sono meramente reiterativi e fattuali.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, dopo la conferma della condanna in Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandolo a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, contestava la sussistenza stessa del reato, proponendo una ricostruzione alternativa dei fatti rispetto a quella accertata dai giudici di merito e basata sulle prove raccolte. In secondo luogo, criticava la valutazione relativa alla sua pericolosità sociale, ritenendo che fosse stata erroneamente applicata la recidiva.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 15 novembre 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dall’imputato non avevano i requisiti necessari per essere esaminati, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

L’Analisi del Primo Motivo: la Ricostruzione Alternativa dei Fatti

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, come farebbe un tribunale o una corte d’appello. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente.

Il tentativo del ricorrente di proporre una ‘ricostruzione alternativa’ è stato giudicato come un motivo ‘declinato in fatto’, ovvero un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. Questo tipo di doglianza è inammissibile in sede di legittimità.

L’Analisi del Secondo Motivo: l’Errata Concezione della Pericolosità

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. Il ricorrente ha confuso due concetti distinti: la recidiva formale (art. 99 c.p.), che ha presupposti specifici, e la valutazione della ‘reiterazione dell’illecito’ come sintomo della pericolosità del reo. La Corte ha chiarito che i giudici di merito avevano legittimamente valutato la pericolosità dell’imputato sulla base di una serie di parametri, come la natura dei reati, la loro distanza temporale e il grado di offensività, come indicato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. L’argomento del ricorrente era quindi basato su un presupposto giuridico errato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni alla base della decisione di inammissibilità del ricorso in Cassazione sono state lapidarie. I giudici hanno qualificato i motivi come ‘reiterativi’, poiché riproponevano questioni già affrontate e risolte nei precedenti gradi, e ‘manifestamente infondati’, in quanto palesemente privi di fondamento giuridico.

La Corte ha sottolineato che contestare la ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito o basare le proprie censure su un’errata interpretazione delle norme e dei principi giurisprudenziali non costituisce un valido motivo di ricorso. In particolare, la valutazione della pericolosità e della tendenza a delinquere del reo rientra nell’analisi del merito, purché sia motivata in modo logico e coerente con i principi di diritto, come avvenuto nel caso di specie.

Conclusioni: Cosa Impariamo da Questa Ordinanza

Questa ordinanza è un monito importante per chi intende impugnare una sentenza penale davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso deve essere redatto con rigore tecnico, concentrandosi esclusivamente su vizi di legittimità, ovvero sulla violazione di legge o su difetti di motivazione evidenti e non su una diversa lettura delle prove. Proporre argomenti già respinti o tentare di rimettere in discussione i fatti accertati è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito di ulteriori spese e sanzioni. L’inammissibilità del ricorso in Cassazione è una conseguenza diretta di un’impugnazione non adeguatamente fondata in diritto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti reiterativi, ovvero una semplice riproposizione di argomentazioni già respinte, e manifestamente infondati, in quanto basati su una contestazione dei fatti e su un’errata interpretazione della legge.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o accertare nuovamente come si sono svolti i fatti.

Qual era l’errore nell’argomentazione sulla recidiva presentata dal ricorrente?
L’errore consisteva nel confondere la recidiva formale, disciplinata dall’art. 99 del codice penale, con la valutazione della reiterazione dei reati come sintomo della pericolosità dell’imputato. La Corte d’Appello aveva legittimamente considerato la ripetizione dei comportamenti illeciti per valutare la personalità del reo, un’operazione giuridicamente corretta e distinta dall’applicazione formale della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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