Inammissibilità ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Generici o Nuovi
L’ordinanza n. 5576/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla redazione degli atti di impugnazione e sui limiti del giudizio di legittimità. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità ricorso Cassazione presentato da un imputato, sottolineando due errori procedurali fondamentali: la genericità di un motivo e la tardiva introduzione di una nuova questione giuridica. Questa decisione ribadisce che l’accesso alla Suprema Corte richiede un rigore formale che non ammette approssimazioni o strategie processuali tardive.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari del 17 gennaio 2023. L’imputato, condannato per una fattispecie di reato prevista dal Testo Unico sugli Stupefacenti (art. 73, comma 5, TUS), decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione per ottenere l’annullamento della decisione.
Il ricorso si basava su due distinti motivi:
1.  Una critica alla motivazione della sentenza d’appello, ritenuta carente in relazione al giudizio di responsabilità e alla mancata individuazione di ragioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
2.  La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.
La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi distinta dei due motivi presentati, entrambi giudicati non conformi ai requisiti richiesti dalla legge per l’accesso al giudizio di legittimità.
Il Primo Motivo: la Genericità che Conduce all’Inammissibilità
Il primo motivo è stato considerato ‘genericamente addotto’. La Corte ha rilevato che la critica mossa alla sentenza impugnata era priva di una ‘puntuale enunciazione delle ragioni di diritto’ e dei ‘congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato’. In altre parole, non è sufficiente contestare genericamente la tenuta logica di una sentenza; è necessario specificare quali principi di diritto sarebbero stati violati e in quali passaggi della motivazione risiederebbe l’errore del giudice d’appello. La mancanza di questa specificità rende il motivo inammissibile.
Il Secondo Motivo: il Divieto di Introdurre Questioni Nuove
Ancora più netto è stato il giudizio sul secondo motivo. La richiesta di applicare l’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) è stata giudicata una questione nuova, poiché non era stata sollevata con i motivi di appello né discussa nel corso del secondo grado di giudizio. La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove poter sollevare per la prima volta questioni che avrebbero dovuto essere discusse in precedenza. Inoltre, la valutazione della tenuità del fatto presuppone ‘verifiche in fatto’ (analisi delle circostanze concrete, della condotta, del danno), che sono precluse alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si radicano in principi fondamentali della procedura penale. La funzione della Corte di Cassazione è quella di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Non può, quindi, riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. 
Per questo motivo, i ricorsi devono essere formulati in modo da evidenziare unicamente vizi di legittimità (violazione di legge o vizi della motivazione come illogicità manifesta o contraddittorietà). Un motivo generico, che si limita a esprimere un dissenso sulla decisione senza argomentazioni giuridiche specifiche, non permette alla Corte di esercitare il proprio controllo. Allo stesso modo, l’introduzione di temi nuovi impedirebbe un corretto contraddittorio e trasformerebbe il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, snaturandone la funzione.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Le impugnazioni devono essere preparate con la massima cura sin dai primi gradi di giudizio. È fondamentale articolare in modo completo e specifico tutti i motivi di doglianza già nell’atto di appello, poiché le questioni non dedotte in quella sede sono, di regola, precluse nel successivo giudizio di legittimità. La conseguenza dell’inammissibilità ricorso Cassazione non è solo la conferma della condanna, ma anche, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila Euro.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano viziati. Il primo motivo era troppo generico, privo di specifiche argomentazioni legali e di riferimenti puntuali alla sentenza impugnata. Il secondo motivo introduceva una questione nuova, mai sollevata nel giudizio d’appello, cosa non consentita in sede di legittimità.
È possibile chiedere l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) per la prima volta in Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che tale questione non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, soprattutto perché la sua valutazione richiede accertamenti sulle circostanze di fatto del reato, un tipo di analisi che è preclusa alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata quantificata in 3.000 Euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5576 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5576  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; 
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza i epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti d legge in sede di legittimità in quanto il primo motivo, diretto a contrastare la tenuta motivazionale della decisione gravata in relazione al giudizio di responsabilità e alla manca individuazione di ragioni di proscioglimento destinate a giustificare l’applicazione dell’ad 129 è genericamente addotto perché privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto che giustificano e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato ment secondo motivo introduce un tema di giudizio – l’applicabilità dell’art. 131 bis cp-, prospettato con i motivi (o nel corso del giudizio) di appello ( pur potendo la difesa agire senso trattandosi di fattispecie, quella di cui al comma 5 dell’art 73 TUS, compatibile con la detta disposizione pur nel suo tenore vigente anteriore alla novella entrata in vigore il 30 dicem 2023), che non può essere proposto per la prima volta in sede di legittimità, ancor più quando presupponga, come nella specie, verifiche in fatto non consentite a questa Corte;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 gennaio 2024.