Inammissibilità ricorso Cassazione: quando i motivi sono nuovi o generici
L’ordinanza n. 7517 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi e sui limiti del giudizio di legittimità. La pronuncia chiarisce, ancora una volta, le ragioni che conducono a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, specialmente quando i motivi sono generici o sollevati per la prima volta in questa sede. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati dai giudici.
I fatti del processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto due principali motivi di ricorso alla Suprema Corte. Con il primo, contestava la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Con il secondo, sollevava per la prima volta la questione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
I motivi del ricorso e l’inammissibilità in Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, ritenendoli entrambi inammissibili, sebbene per ragioni diverse. Questa analisi è fondamentale per capire le regole procedurali che governano il ricorso.
1.  Il primo motivo: genericità e tentativo di rivalutazione del merito. La Corte ha ritenuto che le censure relative alla responsabilità penale fossero prive dei requisiti di specificità e autosufficienza. In sostanza, il ricorso non individuava vizi di legge precisi, ma tendeva a proporre una diversa lettura delle prove, un’operazione che non è consentita in sede di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che verifica la corretta applicazione della legge. Le doglianze sull’inutilizzabilità di alcune prove sono state parimenti respinte come generiche, poiché non specificavano l’impatto decisivo di tali prove sulla condanna (la cosiddetta ‘prova di resistenza’).
2.  Il secondo motivo: la novità della censura. Il punto cruciale della decisione riguarda il secondo motivo, relativo all’art. 131-bis c.p. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione su questo punto perché la questione non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ovvero nell’atto di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha fondato la propria decisione su consolidati principi procedurali. In primo luogo, ha ribadito che il ricorso per cassazione deve denunciare vizi specifici della sentenza impugnata, non limitarsi a contestare la valutazione del giudice di merito. Qualsiasi tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove è destinato all’inammissibilità.
Il cuore della motivazione, tuttavia, risiede nel divieto di introdurre ‘motivi nuovi’. I giudici hanno chiarito che il perimetro del giudizio di Cassazione è delimitato dai motivi presentati in appello. Consentire di sollevare per la prima volta questioni come l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto significherebbe alterare la struttura del processo e le competenze dei diversi gradi di giurisdizione. L’imputato avrebbe dovuto sollevare tale richiesta davanti alla Corte d’Appello; non avendolo fatto, ha perso la possibilità di farla valere in Cassazione.
Le conclusioni
La pronuncia in esame è un monito sull’importanza della strategia difensiva e del rispetto delle regole processuali. Per evitare una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, è essenziale che tutti i motivi di doglianza siano articolati in modo specifico e, soprattutto, che vengano presentati tempestivamente nel grado di giudizio competente. La preclusione processuale per i motivi nuovi è una regola rigorosa che garantisce l’ordine e la funzionalità del sistema giudiziario, impedendo che il giudizio di legittimità si trasformi in un’ulteriore istanza di merito.
 
Perché il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era generico e mirava a una rivalutazione dei fatti non permessa in Cassazione, mentre il secondo motivo sollevava una questione (l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.) per la prima volta, in violazione del divieto di proporre motivi nuovi in sede di legittimità.
È possibile chiedere l’applicazione della non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ per la prima volta in Cassazione?
No. Secondo questa ordinanza, la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis del codice penale deve essere presentata come motivo di appello. Se non viene dedotta in quella sede, non può essere proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione, pena l’inammissibilità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7517 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7517  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto. il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e la succes siva memoria trasmessa a mezzo p.e.c. in data 18 dicembre 2023, con la quale si insiste nella rilevabilità ex officio della particolare causa di esclusione della punibilità per difetto di offensività della condotta (art. 131 bis cod. pen.);
considerato che il primo motivo di ricorso, in punto di prova della penale responsabilità, oltre ad essere privo dei requisiti di specificità e autosufficienza, tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in particolare, le doglianze relative all’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, non sono specifiche in quanto si prospettano deduzioni generiche, senza la puntuale indicazione delle ragioni a sostegno della censura e dell’incidenza dell’eventuale eliminazione, ai fini della cosiddetl:a “prova di resistenza”, degli elementi a carico di cui si lamenta l’inutilizzabilità;
che, nella specie, i giudici hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici, le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3);
ritenuto che il secondo motivo, inerente al mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., non è consentito perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto specificamente contestare nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si veda pag. 2); che neppure risulta proposta, nel merito, memoria in sede di conclusioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.