Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19226 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 31/12/1976
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 26 novembre 2024, la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lucca del 10 maggio 2010 con cui NOME COGNOME in concorso con altri, con azioni ripetute di detenzione e importazione, esportazione e traffico di stupefacenti, era stato condannato alla pena di anni sei di reclusione ed euro 26000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, in ordine al reato di cui all’art. 81 cpv, 110 cod. pen.,73, commi 1 e 6, 112, comma 1, 80 comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. Fatto commesso dal 14 dicembre 2003 al 22 giugno 2004 in Lucca.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo con due motivi: mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione alla mancata sussistenza di risultanze istruttorie in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il reato contestatogli; violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Con successiva memoria tempestivamente depositata, il difensore del ricorrente ha rappresentato la violazione del principio del non bis in idem, con riferimento a precedente condanna, che avrebbe riguardato alcune delle condotte oggetto della presente contestazione. Si tratterebbe del procedimento recante n. 6307/2023 R.G.N.R. in cui il COGNOME era stato condannato per condotte penalmente rilevanti ascrivibili ai reati di cui agli artt. 110 c.p. e 73, commi 10 e art. 80 comma 1 lett. b) in relazione all’art. 112, comma 1 n. 2, del d.p.r. 309/90, per fatti commessi in Lucca, Capannori, Altopascio, Porcari e altrove dal mese di novembre 2003 sino al 31 maggio 2005. Nel già menzionato procedimento, il Tabaku, con sentenza n. 527 del 9/02/2015 emessa dalla Corte di Appello di Firenze, era stato condannato in via definitiva.
Il rilevo contenuto in memoria è inammissibile, non solo perché nuovo rispetto ai motivi originari del ricorso, ma anche perché non è deducibile per la prima volta davanti alla Corte di cassazione la violazione del divieto del “ne bis in idem” sostanziale, in quanto l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due diversi procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, implica un apprezzamento di merito, né è consentito alle parti produrre in sede di legittimità documenti concernenti elementi fattuali (Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Rv. 280648 – 01).
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità poiché essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alle ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, di fatto reiterano le
medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, vagliate da parte della Corte territoriale.
La Corte di appello di Firenze, invero, ha ripreso le considerazioni del Tribunale di Lucca rispetto ai chiari ed inequivoci elementi di responsabilità emersi non solo dalle conversazioni telefoniche trascritte e dalle indicazioni fornite dall’imputato COGNOME ma soprattutto dal sequestro l’eroina e dall’arresto in flagranza dell’imputato (pag. 6 sent. impugnata).
A fronte della decisione della Corte territoriale, il ricorso evita il confronto su punto della aspecificità dell’atto di appello, al fine di dimostrare l’erroneità del decisione e pur essendo applicabile il principio secondo cui, in tema di impugnazioni, è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, l’atto di appello con cui il ricorrente si limiti a contestare un punto della decisione, senza indicare le ragioni, di fatto o di diritto, in base alle quali non sarebbero condivisibili valutazioni del giudice di primo grado (Sez. 4- 36154 del 12/09/2024,Rv. 287205 – 01).
Anche riguardo al secondo motivo, il vaglio di ammissibilità non è superato. La Corte d’appello ha, in modo compiuto, rilevato la non applicabilità del disposto dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 in ragione del contributo rilevante e causalmente efficiente dell’imputato rispetto alla complessiva attività illecita dei correi, alla qualità e notevole quantità dello stupefacente di volta in volta detenuto e ceduto, dell’abitualità della condotta e dei precedenti penali del ricorrente, che testimoniavano il notevole inserimento in attività di spaccio organizzata in vasta scala. La motivazione, che richiama quella del Tribunale, è congrua e conforme ai canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza sul punto (vd. Sez. n. 5869 del 28/11/2023 (dep. 2024) Rv. 285997 – 01, secondo cui, in tema di stupefacenti, è legittimo il mancato riconoscimento del delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel caso in cui l’attività di spaccio è svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un’apprezzabile zona del territorio, l’impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l’accertata reiterazione delle condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze, pur se in quantitativi non rilevanti, sono sintomatiche della capacità dell’autore del reato di diffondere in modo sistematico lo stupefacente).
All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de
ammende.
Così deciso il 13 maggio 2025.