Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28238 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 04/11/1996
avverso la sentenza del 13/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso di NOME COGNOME e le memorie sopravvenute;
considerato che tanto il primo motivo di ricorso (con cui si contesta l’eccessività della pena, per non avere i giudici di appello opportunamente considerato lo stato di ubriachezza del ricorrente al momento della condotta, nè riconosciuto l’attenuante della lieve entità della rapina), quanto il secondo motivo di ricorso (con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 1, cod. pen.), così come anche la doglianza del terzo motivo di ricorso (sulla circostanza aggravante ex art. 61, comma primo, n. 5, cod. pen.), risultano tutti motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché tali censure non risultano essere state previamente dedotte come motivi di appello, secondo quanto è prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince anche dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 1), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
considerato che, in particolare, con precipuo riferimento alla contesta omessa applicazione della diminuente dalla lieve entità del delitto di rapina, deve sottolinearsi che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso dinanzi a questa Corte per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora, come nel caso di specie, l’imputato, nell’atto di appello o in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia sollecitato l’esercizio del potere officioso del giudice, formulando una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (cfr. Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02; Sez. 7, ord. n. 16746 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 263361 – 01);
ritenuto che la seconda censura del terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n.4, cod. pen., è manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale, a fronte della generica doglianza prospettata con l’atto di appello, adeguatamente assolto all’onere motivazionale sul punto, considerata la costante ed assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio
cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti
pregiudizievoli che sono conseguenza del reato, sicché, con specifico riguardo al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo
valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia,
attesa la natura plurioffensiva del delitto, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la
realizzazione del profitto (cfr. Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, NOME COGNOME Rv.
287095 – 02; Sez. 2, n. 28269 del 31/05/2023, Conte, Rv. 284868 -01; Sez. 2, n.
50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685-01; Sez. 2, n. 19308 del
20/01/2010, COGNOME, Rv. 247363- 01). Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione
dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, risulta immune
da vizi logici (si veda la pag. 2 della sentenza impugnata ove, per escludere detta attenuante, si è fatto riferimento alle modalità e alla reiterazione dei fatti oltre che alla pluralità dei reati commessi contestualmente dal ricorrente);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
rimarcato che l’inammissibilità del ricorso originario preclude ogni possibilità di valutare i motivi nuovi e le argomentazioni esposte con la memoria sopravvenuta, dovendosi a tale proposito rammentare che «l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo d connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione» (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore ammende. della Cassa delle
025. Così deciso, il 17 giugrro 2