Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Manifestamente Infondati
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione quando i motivi addotti dal ricorrente risultano generici, ripetitivi e giuridicamente non pertinenti. La Suprema Corte, con una decisione netta, ribadisce i confini invalicabili del giudizio di legittimità, sanzionando l’abuso dello strumento processuale. Analizziamo la vicenda per comprendere i principi applicati e le conseguenze per il ricorrente.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato contestava la decisione dei giudici di secondo grado, sollevando diverse censure. In particolare, lamentava la violazione del principio del divieto di reformatio in peius, ovvero il divieto per il giudice dell’appello di peggiorare la situazione dell’imputato. Tuttavia, come vedremo, tale doglianza è stata ritenuta dalla Cassazione del tutto fuori luogo rispetto al tema centrale del giudizio.
La Decisione della Suprema Corte: La Scure dell’Inammissibilità
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle accuse, ma si ferma a un livello preliminare, verificando se il ricorso possiede i requisiti minimi per essere esaminato. In questo caso, la Corte ha ritenuto che i motivi presentati non fossero consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto manifestamente infondati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni dell’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di considerazioni precise. In primo luogo, ha evidenziato come i motivi del ricorso fossero una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte dai giudici di merito. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che controlla la corretta applicazione della legge. Replicare argomenti già disattesi senza introdurre nuovi profili di violazione di legge rende il ricorso inammissibile.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato l’erroneo riferimento al divieto di reformatio in peius. La questione centrale del processo non era un peggioramento della pena in appello, ma la corretta qualificazione giuridica del fatto operata dal primo giudice ai sensi dell’art. 336 c.p. (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), nel rispetto dell’art. 521 c.p.p. (correlazione tra accusa e sentenza). L’argomento del ricorrente è stato definito ‘palesemente distonico’, cioè completamente slegato dal contesto giuridico del caso.
Infine, i giudici di legittimità hanno confermato la bontà del ragionamento dei giudici di merito, ritenendolo giuridicamente corretto, puntuale, coerente con le prove acquisite e privo di manifeste incongruenze logiche. Di fronte a una motivazione solida e ben argomentata, le censure generiche del ricorrente non potevano trovare accoglimento.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante sull’uso corretto del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere insoddisfatti di una sentenza per impugnarla davanti alla Suprema Corte. È necessario formulare motivi specifici, pertinenti e che evidenzino una chiara violazione di legge o un vizio logico grave nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti o riproporre le stesse argomentazioni già respinte porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con la conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie. La decisione rafforza il ruolo della Cassazione come custode della legge e non come giudice del fatto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto manifestamente infondati, ripetitivi di censure già respinte e basati su argomenti giuridici non pertinenti al caso.
Quale errore ha commesso il ricorrente nel citare il divieto di ‘reformatio in peius’?
Il ricorrente ha invocato il principio del divieto di ‘reformatio in peius’ (divieto di peggiorare la condanna in appello) in modo ‘palesemente distonico’, poiché la questione giuridica centrale del processo non era un peggioramento della pena, ma la corretta qualificazione del reato effettuata dal giudice di primo grado.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33900 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33900 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorsp proposto da:
COGNOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita ia relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
‘7
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dal legge in sede di legittimità in quanto manifestamente infondati perché, in disparte il riferimen alla lamentata violazione del principio afferente il divieto di reformatio in peius palseme distonico al tema di giudizio ( che riguardava piuttosto il rispetto dell’art 521 cpp in rela alla qualificazione ascritta al fatto dal primo giudice, ricondotto all’egida dell’art. 336 com cp), replica profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito argomenti giuridicamente corretti, puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenze acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche in ordine alla ritualità della detta riqualificazione e alla configurabilità dell’ipotesi di reato nei suoi costituti oggettivi e soggettivo;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in data 7 luglio 2025.