Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1984 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a LECCE avverso la sentenza del 21/10/2022 della CORTE DI APPELLO DI LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 20/10/2022 della Corte di appello di Lecce, che ha confermato la sentenza in data 19/12/2016 del Tribunale di Lecce, che lo aveva condannato per i reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti psicotrope oltre che per tre episodi di detenzione, cessione e trasporto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati accertati nel presente procedimento e quelli giudicati con le sentenze della Corte di appello di Lecce in data 16/02/1993 e 06/07/2011,
Il ricorrente, dopo avere illustrato i principi di diritto fissati in tema di r continuato, osserva come per i delitti associativi contestati nel presente procedimento non sia indicato il termine iniziale e come i collaboratori di giustizia COGNOME NOME NOME COGNOME NOME abbiano riferito della risalente partecipazione di COGNOME NOME alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per come riferito anche dallo stesso COGNOME.
Da ciò deduce che il momento iniziale della partecipazione di COGNOME all’associazione deve datarsi tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta del secolo scorso, tanto che COGNOME conseguiva la “dote” più alta già intorno agli anni 2002-2003, con “il diritto di medaglia a catena”.
Aggiunge che la mancanza di una condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. non esclude la possibilità di riconoscere la continuazione con i fatti commessi in quell’epoca, così come non può considerarsi dirimente il riferimento al “solo” fratello NOME.
Conclude, quindi, per la sussistenza di tutti i requisiti richiesti per riconoscimento del vincolo della continuazione.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 99, comma quarto, cod. pen., con riferimento al trattamento sanzionatorio e alla mancata esclusione della recidiva reiterata.
A tale proposito si osserva che al fine del riconoscimento della recidiva non è sufficiente la mera constatazione dei precedenti penali dell’imputato, essendo altresì necessario verificare che il reato sia effettivamente sintomatico di maggiore pericolosità.
Denuncia, quindi, il vizio di omessa motivazione a tale riguardo.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso non contiene una censura riconducibile ai vizi scrutinabili in sede di legittimità, in quanto si risolve in una lettura delle dichiaraz dei collaboratori di giustizia, delle dichiarazioni confessorie di COGNOME NOME e dell tipologia di reato per cui questi ha riportato condanno. Lettura che -lungi dal rappresentare il vizio di violazione di legge ovvero di mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione- si risolve in una valutazione delle emergenze processuali alternativa e antagonista a quella dei giudici di merito, che hanno ritenuto che quegli elementi non rappresentassero la partecipazione di NOME alla RAGIONE_SOCIALE già dagli anni ottanta (o novanta) del secolo scorso.
Va, dunque, ribadito che, in sede di ricorso per cassazione, sono inammissibili tutte le doglianze che -come nel caso in esame- “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore d
valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2 – , Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 5730 del 20/09/2019 ud-, dep. 13/02/2020, COGNOME e altro, non massimata; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
1.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso la Corte di appello, rispondendo all’identica sollecitazione oggi reiterata con il ricorso, ha fatt propria -riportandola integralmente- la motivazione del giudice di primo grado, che ha puntualmente spiegato che le condotte per cui ha riportato condanna erano sintomatiche di una maggior e accresciuta pericolosità, tanto più -tra l’altro- perché le condotte delittuose venivano commesse durante l’esecuzione delle pene e perpetuate dopo la scarcerazione.
A fronte di una motivazione adeguata, logica, non contraddittoria e conforme ai principi di diritto espressi in relazione al tema in esame, il ricorrente reitera le medesime questioni proposte con l’impugnazione di merito, senza confrontarsi con le argomentazioni in fatto e in diritto della sentenza impugnata.
Ciò premesso, questa Corte ha costantemente chiarito che “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso”, (Sez. 5, Sentenza n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708; più di recente, non massimate: Sez. 2, Sentenza n. 25517 del 06/03/2019, COGNOME; Sez. 6, Sentenza n. 19930 del 22/02/2019, COGNOME). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello.
Da quanto esposto discende l’inammissibilità del ricorso.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 16/11/2023