Inammissibilità Ricorso Cassazione: La Guida Completa alla Decisione della Suprema Corte
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere i criteri che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso in cassazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di impugnazione specifici e critici, e non mere ripetizioni di argomentazioni già respinte o tentativi di rivalutare i fatti del processo. Comprendere questi principi è cruciale per chiunque si approcci all’ultimo grado del giudizio penale.
Il caso in esame: dal Tribunale alla Cassazione
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un imputato per un reato legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, non rassegnato alla decisione dei giudici di merito, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una serie di vizi, tra cui la violazione di legge e difetti di motivazione riguardo all’accertamento della sua responsabilità, alla recidiva, alle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena.
Analisi dell’inammissibilità del ricorso in Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità che definiscono i confini invalicabili per un ricorso che voglia superare il vaglio di ammissibilità.
La genericità dei motivi di ricorso
Il primo punto cardine della decisione è la genericità dei motivi presentati dal ricorrente. La Corte ha osservato che i motivi di censura non erano supportati da una necessaria analisi critica delle argomentazioni della sentenza impugnata. In altre parole, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già sollevate e respinte in appello, senza confrontarsi specificamente con le ragioni che avevano indotto la Corte territoriale a confermare la condanna. Questo approccio rende il ricorso una mera ripetizione, priva del requisito di specificità richiesto dalla legge, come chiarito da importanti sentenze (tra cui Cass., Sez. U, n. 8825/2016, Galtelli).
Il divieto di una nuova valutazione del merito
Un altro aspetto fondamentale è che il ricorso, per quanto concerneva l’affermazione di responsabilità, proponeva una ‘lettura alternativa della prova’. Questo è un errore comune ma fatale in Cassazione. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado di merito’ e non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici dei gradi inferiori. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, non quello di decidere se i fatti si siano svolti in un modo piuttosto che in un altro.
La decisione sul trattamento sanzionatorio e l’inammissibilità del ricorso
Anche le doglianze relative alla pena sono state ritenute infondate. La Corte ha considerato congrua e sufficiente la motivazione della Corte d’Appello sul trattamento sanzionatorio. Inoltre, ha evidenziato un principio importante: quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale (ovvero al valore intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato), l’onere di motivazione per il giudice è meno stringente. Poiché nel caso di specie la pena era già inferiore a tale media, non era necessaria una giustificazione analitica per non averla ulteriormente ridotta.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte di Cassazione si concentrano sulla natura del giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano aspecifici e ripetitivi, non riuscendo a instaurare un vero e proprio contraddittorio con la sentenza impugnata. Inoltre, le critiche mosse alla valutazione delle prove si traducevano in una inammissibile richiesta di riesame del merito. Infine, anche la questione della pena è stata rigettata poiché la motivazione era adeguata e la sanzione già mite rispetto ai limiti di legge. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000).
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce con chiarezza che l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a ricorsi che sollevano questioni di diritto precise e ben argomentate. Non è una sede per contestare genericamente una condanna o per sperare in una diversa valutazione dei fatti. La decisione serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, confrontandosi puntualmente con la decisione che si intende impugnare, pena una inevitabile dichiarazione di inammissibilità con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi di impugnazione erano generici, non contenevano un’analisi critica della sentenza di appello e si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, oltre a chiedere una nuova valutazione dei fatti non permessa in sede di legittimità.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No, in base a quanto stabilito in questa ordinanza e alla giurisprudenza costante, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione delle prove (‘lettura alternativa della prova’). Il suo compito è controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza, non riesaminare il merito dei fatti.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che in questo specifico caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1361 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FIRENZE il 03/04/1977
avverso la sentenza del 30/09/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Rilevato che l’imputato NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la pronuncia emessa il 3 maggio 2021 dal Tribunale di Palermo, che lo ha condannato per il reato di cui all’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 commesso in Palermo il 20 febbraio 2021;
considerato che i motivi di censura (violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità e vizio di motivazione su recidiva, circostanze attenuanti generiche e misura della pena) non sono scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
ritenuto che la censura inerente al punto che concerne l’accertamento della responsabilità propone una lettura alternativa della prova, non illogicamente valutata dai giudici di merito;
considerato che, ferma restando la congruità della motivazione offerta su tutti i profili inerenti al trattamento sanzionatorio, la pena irrogata è comunque inferiore alla misura media edittale (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243);
considerato che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023