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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per stalking. I motivi, incentrati su presunti vizi procedurali e sull’errata datazione del reato, sono stati ritenuti generici e manifestamente infondati, non superando la cosiddetta prova di resistenza.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi Sono Troppo Generici

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso in cassazione quando i motivi presentati sono generici e non specifici. Questo caso, originato da una condanna per atti persecutori (stalking), offre spunti cruciali sull’importanza di formulare un’impugnazione chiara e sulla cosiddetta “prova di resistenza” delle decisioni giudiziarie.

I Fatti del Processo: Dallo Stalking alla Condanna

Il procedimento giudiziario ha inizio con l’accusa, mossa nei confronti di un individuo, di aver commesso il reato di atti persecutori ai danni di due persone. Secondo l’accusa, confermata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte di Appello, l’imputato avrebbe posto in essere, con condotte reiterate nel tempo, minacce e molestie tali da cagionare nelle vittime un perdurante stato d’ansia e di paura, nonché il fondato timore per la propria incolumità. A seguito della conferma della condanna in appello, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, affidandosi al suo difensore.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su tre motivi principali, tutti di natura procedurale e di erronea applicazione della legge penale.

La contestata acquisizione di un provvedimento cautelare

Il ricorrente lamentava che la Corte di Appello avesse acquisito agli atti un’ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico in un altro procedimento penale. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado avrebbero utilizzato tale documento non solo per attestare la sua esistenza formale, ma anche per fondare la propria decisione sui fatti storici in esso ricostruiti. Inoltre, si contestava che tale acquisizione fosse avvenuta senza disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in presunta violazione dell’art. 603 del codice di procedura penale.

La presunta erronea datazione del reato

Con un terzo motivo, la difesa sosteneva che la consumazione del reato di stalking dovesse essere retrodatata a una data specifica (20 febbraio 2013), poiché tutti i fatti successivi sarebbero stati oggetto di un altro procedimento penale. Tale argomentazione mirava, con ogni probabilità, a incidere sul calcolo dei termini di prescrizione del reato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando l’inammissibilità del ricorso cassazione per plurime e convergenti ragioni.

La genericità e la mancanza della “prova di resistenza”

I primi due motivi sono stati giudicati inammissibili principalmente per la loro genericità. Il ricorrente, infatti, non ha specificato quali fatti contenuti nell’ordinanza cautelare sarebbero stati indebitamente utilizzati dalla Corte di Appello, né ha indicato in che modo ciò avrebbe concretamente influenzato la decisione. La Cassazione ha sottolineato che un motivo di ricorso non può limitarsi a un generico rinvio agli atti, ma deve essere autosufficiente. Inoltre, è stato ribadito il principio della “prova di resistenza”: anche qualora una prova fosse stata acquisita illegittimamente, il ricorrente ha l’onere di dimostrare che la sua eliminazione avrebbe portato a una decisione diversa. In assenza di tale dimostrazione, il vizio diventa irrilevante.

L’acquisizione di documenti in appello

In merito alla presunta violazione dell’art. 603 c.p.p., la Corte ha chiarito che, nel giudizio di appello, l’acquisizione di documenti può avvenire nel rispetto del principio del contraddittorio, senza che sia necessaria una formale ordinanza che disponga la rinnovazione parziale del dibattimento, citando a supporto importanti precedenti delle Sezioni Unite.

La pendenza di altri procedimenti

Anche il terzo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che la pendenza di un altro procedimento per fatti parzialmente sovrapponibili non ha l’effetto di retrodatare il tempus commissi delicti. Piuttosto, la questione attiene agli strumenti processuali volti a evitare la duplicazione dei giudizi (il principio del ne bis in idem), come la richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero nel secondo procedimento.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione è un monito sull’importanza della specificità e della pertinenza dei motivi di ricorso. Non è sufficiente lamentare un vizio procedurale in astratto; è necessario dimostrare, in concreto, la sua rilevanza e il suo impatto sulla decisione impugnata. La sentenza conferma che l’inammissibilità del ricorso cassazione è la sanzione processuale per le impugnazioni che non rispettano tali requisiti di chiarezza e concretezza, impedendo al giudice di legittimità di entrare nel merito delle questioni sollevate.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici, non specificando come le presunte irregolarità procedurali avessero influenzato la decisione, e manifestamente infondati nelle loro argomentazioni giuridiche.

È possibile acquisire nuovi documenti in appello senza riaprire formalmente il processo?
Sì. La sentenza ribadisce che l’acquisizione di documenti in appello può avvenire nel rispetto del principio del contraddittorio tra le parti, senza che sia necessariamente subordinata a un’ordinanza che disponga la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

Cosa succede se per gli stessi fatti una persona è sottoposta a due procedimenti penali diversi?
La pendenza di un altro procedimento non modifica la data di commissione del reato nel primo. La situazione attiva, invece, i meccanismi processuali per evitare un doppio giudizio per lo stesso fatto (violazione del principio del ne bis in idem), come ad esempio la richiesta di archiviazione nel secondo procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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