Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46088 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a GENOVA il 01/05/1970
avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, che si articola al suo interno in tre diverse censure (replicate con memoria del 4 u.s.) – con cui si contesta vizio di motivazione in relazione, rispettivamente, alla mancata dichiarazione di non doversi procedere per difetto di legittimazione a proporre querela in capo alla Banca Monte Dei Paschi Di Siena S.p.A. (la prima); all’affermazione di responsabilità per i reati di cui agli artt. 624 e 493-ter cod. pen. (la secondar i ed all’omessa dichiarazione di prescrizione per tutti i fatti di cui ai capi di imputazione b) e c) ascritti all’odierno ricorrente (la terza) – risulta non consentito in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondato in diritto, per le ragioni di seguito esposte;
che, in particolare, la prima doglianza è fondata su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti con l’atto di gravame e puntualmente disattesi dalla Corte di merito (Si vedano, nello specifico, le pagg. 4 e 5 della impugnata sentenza) con corretti e logici argomenti giuridici, con i quali evidentemente il ricorrente non si confronta;
che, infatti, i giudici di appello hanno fornito sul punto una motivazione esente da vizi contestati, facendo corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975 – 01; Sez. 6, n. 1037 del 15/06/2012 Ud. (dep. 2013), COGNOME, Rv. 253888 – 01);
che, per quanto attiene nello specifico alla seconda censura, deve osservarsi innanzitutto che – come emerge anche dal riepilogo dei motivi di gravame (di cui alle pagg. 3 e 4 della impugnata sentenza), che l’odierno ricorrente, a pena di inammissibilità del ricorso ex art. 606 comma 3 cod. proc. pen., avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto – nell’atto di appello non è stata prospettata nessuna specifica contestazione in merito alla dichiarazione di responsabilità dell’odierno ricorrente per i fatti di furto lui addebitati;
che con riferimento ai reati ex art. 493-ter di cui al capo c) di imputazione, deve essere evidenziato come il ricorrente, pur avendo formalmente lamentato un vizio di motivazione, ha contestato una decisione sbagliata perché fondata su una valutazione errata del materiale probatorio, dovendosi, a tal proposito, ribadire che l’apprezzamento delle risultanze processuali e la scelta, tra i vari risultati di prova, di quelli ritenuti più idonei a sorreggere la motivazione, involgono giudizi di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria 12 decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le non illogiche ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, n.
50-23986/2024
51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362; di recente v. Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, Rv. 278745, in motivazione);
che, nella specie, la Corte territoriale, sottolineando la mancanza di specificità del relativo motivo di gravame, ha adeguatamente esplicato congrue e non illogiche ragioni di fatto e di diritto in base alle quali deve confermarsi l’affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente per i fatti di appropriazione indebita come statuita dal giudice di primo grado (si veda in particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
che, in conclusione, anche la censura, con cui si contesta vizio di motivazione in relazione alla mancata dichiarazione di prescrizione per tutti i fatti di reato (avvinti dal vincolo della continuazione) di cui ai capi b) e c) di imputazione, non è connotata dai requisiti richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art.581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in quanto – a fronte dell’indicazione fornita sul punto dalla Corte territoriale, che ha specificato come risultino prescritti soltanto i reati posti in essere ante 04/03/2016 – non puntualizza gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.