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Inammissibilità Ricorso Cassazione: motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per reati di droga. L’ordinanza chiarisce il calcolo della prescrizione in presenza di recidiva qualificata e sottolinea che i motivi di ricorso non possono limitarsi a ripetere le argomentazioni già presentate in appello.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Generici e Infondati

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza in esame, offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo principi fondamentali in materia di prescrizione del reato e specificità dei motivi di impugnazione. L’analisi del provvedimento evidenzia come una difesa non adeguatamente argomentata porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con conseguente condanna alle spese e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti (D.P.R. 309/1990), ovvero un’ipotesi di spaccio di lieve entità. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello di Bologna, ammontava a dieci mesi di reclusione e 1.800,00 euro di multa. Un elemento cruciale della vicenda era la contestazione all’imputato della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, una circostanza che ha avuto un peso determinante nell’esito del giudizio di legittimità.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due principali doglianze:

1. La presunta estinzione del reato per prescrizione, che a suo dire sarebbe maturata prima della sentenza di appello.
2. L’erronea applicazione della legge per il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante.

Entrambi i motivi sono stati giudicati inammissibili dalla Suprema Corte, sebbene per ragioni differenti.

La Questione della Prescrizione e Recidiva

Il primo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La difesa sosteneva che il termine di prescrizione fosse scaduto, ma non aveva correttamente considerato gli effetti della recidiva qualificata contestata. La Corte ha chiarito che la recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. comporta un duplice aumento del termine di prescrizione: un primo aumento di due terzi sul termine base (ex art. 157 c.p.) e un ulteriore aumento di due terzi in caso di interruzione. Il calcolo corretto portava il limite massimo della prescrizione a undici anni e quaranta giorni, un periodo di tempo ben più lungo di quello effettivamente trascorso.

La Genericità del Secondo Motivo di Ricorso

Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché generico e ripetitivo. L’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già avanzate nell’atto di appello, senza confrontarsi criticamente con le specifiche motivazioni con cui la Corte territoriale le aveva respinte. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio cardine del processo di impugnazione: il ricorso deve consistere in una critica argomentata e specifica del provvedimento impugnato, non in una mera riedizione di lamentele precedenti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha riaffermato che il calcolo della prescrizione non può prescindere dalle circostanze aggravanti, come la recidiva qualificata, che ne estendono notevolmente la durata. L’errore di calcolo da parte della difesa ha reso il motivo del tutto infondato.

In secondo luogo, e con maggiore enfasi sul piano processuale, i giudici di legittimità hanno sottolineato la funzione tipica dell’impugnazione. Essa non è una sede per riproporre all’infinito le stesse tesi, ma un momento di confronto dialettico con le ragioni esposte nella decisione che si contesta. Un ricorso che ignora la motivazione della sentenza precedente e si limita a ripetere doglianze già respinte è, per sua natura, aspecifico e quindi inammissibile ai sensi degli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in commento offre due lezioni pratiche fondamentali per gli operatori del diritto. La prima è l’assoluta necessità di calcolare con precisione i termini di prescrizione, tenendo conto di tutti i fattori interruttivi e sospensivi, e soprattutto degli aggravamenti derivanti da una recidiva qualificata. La seconda, ancora più importante, riguarda la tecnica di redazione dei ricorsi. Per evitare una pronuncia di inammissibilità del ricorso in Cassazione, è essenziale che i motivi di impugnazione siano formulati come una critica puntuale e ragionata delle argomentazioni del giudice del grado precedente, dimostrando perché esse siano errate in fatto o in diritto.

Come incide la recidiva qualificata sul termine di prescrizione del reato?
La recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale (art. 99, comma 4, c.p.) incide in modo significativo sul termine di prescrizione. Come chiarito dalla Corte, essa comporta un aumento pari a due terzi del termine base e un ulteriore aumento di due terzi in relazione agli effetti dell’interruzione, estendendo notevolmente il tempo necessario per l’estinzione del reato.

Perché un motivo di ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripete le argomentazioni dell’appello?
Perché la funzione tipica dell’impugnazione è quella di una critica argomentata contro lo specifico provvedimento che si contesta. Se il ricorso si limita a reiterare le medesime considerazioni già espresse nel precedente atto impugnatorio, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza di secondo grado, viene meno al suo scopo e risulta generico, e quindi inammissibile.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non esamini il merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro. La sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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