Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9630 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9630 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il 04/02/1981
NOME COGNOME nato il 01/01/1975
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE di APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1-bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME instava, presentando conclusioni scritte, per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Firenze decidendo, con le forme del rito abbreviato, in seguit all’annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione, confermava la condanna di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/90 e di NOME reato previsto dall’art. 73 d.P.r. n. 309 del 1990.
La Cassazione aveva annullato la precedente sentenza della Corte di appello (a) per NOME in relazione ai reati descritti nel capo 6) della rubrica accusatoria, ( NOME COGNOME, in relazione al solo reato associativo di cui al capo 3) .
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 74 d.P.R. 309/90) e vizio di motivazione in ordine a conferma della responsabilità per il reato associativo, che sarebbe fondata sulla valutazione sommaria di una provvista probatoria insufficiente, che non dimostrerebbe il “contributo permanente” al sodalizio;
2.2. violazione di legge (artt. 81 e 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in relazi alla quantificazione della pena che veniva determina senza indicare quale fosse il reato più grave e senza giustificare né la scelta della pena-base, né la definizione degli aumenti pe la continuazione.
Ricorreva per cassazione anche il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla conferma della condanna per il reato descritto al capo 6) previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, che sare stata decisa sulla base di una provista probatoria insufficiente, caratterizzata dalla assen di servizi di osservazione e controllo sul territorio e dalla genericità delle conversa intercettate;
3.2. violazione di legge (art. 581 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine a mancata attribuzione alle condotte contestate della qualifica di cui all’art. 73, comma d.P.R. n. 309 del 1990: non osterebbe a tale riqualificazione, né la reiterazione nel temp delle condotte, né il collegamento delle stesse con un gruppo organizzato;
3.3. violazione di legge (art. 62-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche: non sarebbero stati considerati gli argomenti allegati con l’appello a sostegno della concessione del benefici sanzionatorio;
3.4. violazione di legge (art. 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine a definizione del trattamento sanzionatorio, che sarebbe stato definito senza tenere conto delle contestazioni allegate con l’atto di appello;
3.5. violazione di legge (art. 235 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine a conferma della misura di sicurezza dell’espulsione, che sarebbe stata decisa senza considerare le doglianze proposte con l’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso, che contesta la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui è stata ritenuta la responsabilità del ricorrente per la partecipa all’associazione contestata non supera la soglia di ammissibilità, in quanto si risolve ne richiesta di una nuova valutazione della capacità dimostrativa delle prove, esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione dell legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effet alcuna valutazione di “merito” in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli in raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del perc argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisat devono essere allegate – o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tr altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello ha offerto una motivazione persuasiva e logica circa la partecipazione del ricorrente all’associazione contestata. L Corte di merito ha rilevato, infatti, che il ricorrente, nonostante la sua assenza per periodi dall’Italia, aveva svolto compiti rilevanti in seno all’associazione, operando in st contatto con NOME COGNOME e gestendo, unitamente allo stesso, significativi quantitativi di sostanza stupefacente e di denaro, nonché seguendo le direttive di NOME COGNOME Ed ha ritenuto che l’intensa attività svolta dal ricorrente – seppu per un periodo inferiore a quello contestato – non poteva definirsi “occasionale” atteso c la sua vicinanza ad uno dei capi, unitamente alla sua conoscenza del modo di operare dell’associazione, lo indicavano come sicuro partecipe: egli risultava custode di significa quantitativi di cocaina e di denaro, fornitore e trasportatore dello stupefacente e vendito a terzi spacciatori, sicché doveva ritenersi che lo stesso avesse fornito un costante consapevole contributo alla vita associativa (pagg. 33 e 34 della sentenza impugnata).
1.2. Il secondo motivo di ricorso – che contesta il difetto di motivazione in ordin trattamento sanzionatorio – è manifestamente infondato.
Quanto alla contestazione circa la mancata esplicita indicazione del reato in relazione al quale è stata quantificata la pena-base, il collegio rileva che il giudizio rescisso riguardato solo la sussistenza del reato associativo, che è stata confermata dalla Corte d appello, in accordo con quanto ritenuto dal Gup; e che, pertanto, la struttura del sanzione è rimasta invariata, essendo state confermate tutte le condanne, sicché deve ritenersi che il calcolo effettuato dalla Corte di appello – che ha condotto ad ridimensionamento della pena – sia riferito alla struttura della sanzione già indicata da sentenza di primo grado.
Quanto alle censure in ordine alla quantificazione della pena, il collegio riafferma c la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti pe
le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di mer il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia co dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena cong “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142, Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008 – dep. 26/03/2008, COGNOME e altri, Rv. 239754). La determinazione in concreto della pena costituisce, infatti, il risultato di una valutazione complessiva e no un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motiva da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazio della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiv Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tu gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati c motivi d’appello.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto dedotto, la quantificazione della sanzione è stata persuasivamente giustificata dalla Corte di appello con il riferimento alla notev quantità dello stupefacente movimentato ed alla negativa personalità del ricorrente, con una motivazione sintetica, ma idonea a spiegare le ragioni sottese alla definizione de trattamento sanzionatorio (pag. 41 della sentenza impugnata).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo, che contesta la conferma della responsabilità per il reato descrit al capo 6), non supera la soglia di ammissibilità, in quanto generico.
Secondo l’orientamento della Corte di cassazione, che il collegio condivide, per l’appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581 comma primo lett. c) e 591 comma primo lett. c) del codice di rito comporta la inammissibil dell’impugnazione, in caso di genericità dei relativi motivi. Per escludere tale patologi necessario che l’atto individui il “punto” che intende devolvere alla cognizione del giudi di appello, enucleandolo con puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l’oggett della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (Sez. 6, n. 13261 de 6.2.2003, Valle, Rv 227195; Sez. 4, n. 40243 del 30/09/2008, COGNOME, Rv. 241477; Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T. Rv. 248037, Sez. 6, n. 800 06/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251528). Peraltro, in materia, le Sezioni unite della Corte di cassazio hanno stabilito che l’ appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per dif
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di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i ril critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impug fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttament proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte n provvedimento impugnato (Sez. U., n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822).
Nel caso in esame, a fronte del persuasivo percorso motivazionale tracciato dalla Corte d’appello per giungere, attraverso l’analisi delle conversazioni intercettate, identificazione del ricorrente in colui che era soprannominato “pesce”, ed all’attribuzio allo stesso della condotta delittuosa contestata al capo 6), il ricorrente si è limita modo del tutto generico – a rilevare la generale insufficienza della provvista probatori la scarsa capacità dimostrativa delle conversazioni poste a sostegno della conferma della condanna.
La doglianza si ritiene, pertanto, generica.
2.2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la conferma del responsabilità per i reati di spaccio di sostanza stupefacente e la mancata riqualificazio degli stessi nella fattispecie prevista dal quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 19 non è consentito, in quanto si risolve nella richiesta di una rivalutazione della capac dimostrativa delle prove, esclusa dalla competenza della Corte di legittimità, e no individua fratture logiche e manifeste e decisive del percorso motivazionale posto a sostegno della condanna.
Contrariamente a quanto dedotto, con motivazione logica e persuasiva, la Corte d’appello riteneva che la ipotesi “attenuata” prevista dal quinto comma dell’art. 73 d.P. n. 309 del 1990 non potesse essere riconosciuta, tenuto conto dei quantitativi affatt modesti di stupefacente movimentato, dell’elevato numero delle acquisizioni di sostanza e del ruolo significativo svolto dal ricorrente anche in concorso con altre persone dedite commercio illecito delle droghe (pag. 40 della sentenza impugnata).
2.3. Il terzo motivo di ricorso, che contesta la decisione della Corte d’appello in ord al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non supera la soglia di ammissibilità, quanto manifestamente infondato.
Sul punto il collegio riafferma che l’applicazione delle circostanze attenuanti generich non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti l personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (tra le altre: Sez. 3, n. 241 del 18/03/2021, COGNOME, Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986)
Nel caso in esame, in coerenza con le linee ermeneutiche appena ricordate, la Corte di appello rilevava che non potevano riconoscersi al ricorrente le circostanze attenuant generiche, non emergendo dagli atti elementi positivamente valutabili; segnatamente si rilevava che NOME aveva consumato numerose cessioni, concorrendo con
persone inserite nelle organizzazioni che gestiscono il commercio dello stupefacente ed aveva avuto rapporti con fornitori con una «spiccata indole criminale». A ciò si aggiungeva che lo stesso non aveva tenuto un comportamento collaborativo, né aveva mostrato alcun segnale di effettiva resipiscenza (pagg. 40 e 41 della sentenza impugnata)
Si tratta di una motivazione che non si presta ad alcuna censura in questa sede.
2.4. Gli ultimi due motivi di ricorso che contestano (a) la definizione del trattame sanzionatorio, con specifico riguardo alla sua complessiva definizione, (b) la conferma dell misura di sicurezza dell’espulsione, non superano la soglia di ammissibilità, in quanto l’at d’appello, su tali punti, si profila generico e, dunque, inidoneo a generare on motivazionali in capo al giudice dell’impugnazione.
Sul tema il collegio riafferma che il difetto di motivazione della sentenza di appell ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può form oggetto di ricorso per Cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibili originaria, anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 – 01Sez. 3 n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700).
Nel caso in esame, con l’atto appello il ricorrente si era limitato ad invocar ridimensionamento della sanzione e la revoca dell’espulsione, senza indicare le ragioni concrete a sostegno della richiesta, ma limitandosi a richiamare alcuni principi genera espressi dalla giurisprudenza di legittimità.
2.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616 c proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 7 gennaio 2025.