Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7151 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7151 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a CASTROVILLARI il 16/07/1981
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 27 febbraio 2024 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Paola del 9 novembre 2021, dichiarato assorbito il reato ex artt. 61 n. 2, 635, comma 2, cod. pen. (capo B) in quello previsto dagli artt. 624, 625 n. 2 cod. pen. (capo A), ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di mesi quattro di reclusione ed euro 110,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge per improcedibilità del reato per mancanza di querela in atti; violazione di legge in ordine alla errata configurazione del fatto in delitto consumato, e non già in tentativo.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in primo luogo ritenuta la manifesta infondatezza dell’introduttiva censura, essendovi agli atti un verbale redatto dai Carabinieri della Stazione di Praia a Mare in data 12 agosto 2021, da cui risulta che la persona offesa NOME NOME ha sporto “formale denuncia/querela nei confronti dei responsabili dei reati che si possono ravvisare nei fatti esposti e ne chiedo la punizione”.
2.1. La seconda doglianza concerne, poi, un motivo non deducibile in questa sede di legittimità, in quanto esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica all’analoga doglianza eccepita con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le circostanze per cui vi era stato un autonomo impossessamento della refurtiva da parte dell’imputato (cfr. p. 1 della sentenza impugnata) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
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