Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Troppo Generici
L’ordinanza n. 43064 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla redazione dei ricorsi, chiarendo i requisiti di specificità necessari per superare il vaglio di ammissibilità. La decisione riguarda un caso di detenzione di stupefacenti e sottolinea come la genericità dei motivi porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione, specialmente quando si contestano valutazioni di merito come la quantificazione della pena. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in appello per il delitto previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990, per aver detenuto diverse droghe sintetiche a fini di spaccio. La difesa ha presentato ricorso per cassazione basato su due principali censure:
1. La mancata applicazione dell’ipotesi lieve di reato, prevista dal comma 5 dello stesso articolo, che avrebbe comportato una pena inferiore.
2. L’eccessivo aumento di pena applicato per la continuazione tra i vari episodi, ritenuto sproporzionato e basato unicamente sulla gravità oggettiva del fatto.
La difesa aveva inoltre depositato una memoria scritta per insistere sull’accoglimento delle proprie richieste.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che il ricorso non possiede i requisiti minimi per essere esaminato. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni dietro l’Inammissibilità del Ricorso Cassazione
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascun motivo di ricorso.
Il primo motivo, relativo all’esclusione dell’ipotesi lieve, è stato giudicato generico. Secondo i giudici, la difesa si è limitata a manifestare un generico dissenso rispetto alla valutazione della Corte d’Appello, senza però confrontarsi criticamente con gli elementi specifici valorizzati nella sentenza impugnata. Quest’ultima, infatti, aveva ritenuto la condotta dell’imputato connotata da un grado di professionalità e organizzazione incompatibile con la ‘minima offensività’ richiesta per qualificare il fatto come lieve. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve indicare con precisione le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che rendono errata la decisione precedente, non limitarsi a riproporre una diversa interpretazione.
Il secondo motivo, riguardante la commisurazione della pena, è stato ritenuto non consentito in sede di legittimità. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado, a meno che la motivazione della sentenza non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva motivato la riduzione della pena inflitta in primo grado, considerando non solo la gravità del reato ma anche l’aspetto soggettivo dell’imputato, fornendo quindi una giustificazione adeguata e non arbitraria della propria decisione.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma l’importanza fondamentale della specificità e della pertinenza dei motivi di ricorso in Cassazione. Non è sufficiente esprimere un disaccordo con la sentenza impugnata; è necessario articolare critiche precise, fondate su vizi di legge o di motivazione secondo i canoni stabiliti dal codice di procedura penale. In particolare, le valutazioni di merito, come la qualificazione del fatto o la quantificazione della pena, sono sindacabili solo entro i ristretti limiti di una motivazione manifestamente illogica o inesistente. La decisione serve quindi da monito: un ricorso che si risolve in una mera riproposizione delle tesi difensive, senza un’analisi critica della decisione impugnata, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici. In particolare, il primo motivo si limitava a esprimere dissenso senza un confronto critico con le argomentazioni della sentenza, mentre il secondo contestava la commisurazione della pena, una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
In quali casi la Corte di Cassazione può rivedere la quantificazione della pena decisa dal giudice di merito?
La Corte di Cassazione può rivedere la quantificazione della pena solo se la motivazione del giudice di merito è insindacabile, ovvero se si presenta come frutto di mero arbitrio o di un ragionamento del tutto illogico, contraddittorio o immotivato. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’ quando non articola una critica specifica e puntuale contro la decisione impugnata, ma si limita a manifestare un dissenso generale o a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza confrontarsi con le ragioni esposte nella motivazione della sentenza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43064 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43064 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver detenuto a fini di cessione a terzi varie droghe sintetiche. Egli lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in relazione: 1) all’esclusione dell’ipotesi lieve, di cui al successivo comma 5; 2) all’eccessivo aumento di pena per continuazione, basato solo sulla gravità del fatto.
Il difensore ricorrente ha altresì depositato memoria scritta, insistendo per l’accoglimento dell’impugnazione.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è generico, risolvendosi essenzialmente nella manifestazione di dissenso dalle valutazioni della sentenza impugnata, senza un confronto critico con gli elementi da questa ragionevolmente valorizzati per ritenere la condotta dell’imputato connotata da professionalità ed organizzazione non compatibili con la minima offensività prevista dal citato comma 5 (pag. 3).
2.2. Il secondo non è consentito. In punto di commisurazione della pena, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133, cod. pen., da esso considerati preponderanti, e non si presenti quale frutto di mero arbitrio o di ragionamento del tutto illogico, contraddittorio od immotivato. Nello specifico, la sentenza ha apportato una consistente riduzione sulla pena originariamente inflitta per il reato unificato per continuazione, motivatamente considerando non solo la gravità del reato ma anche l’aspetto soggettivo (pag. 4).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso, il 25 ottobre 2024.