Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19856 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità e, in particolare, la sussistenza del requisito soggettivo del delitto di ricettazione, inammissibile per aspecificità, perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito nella parte in cui afferma che l’imputato ha addotto una generica giustificazione, peraltro non riscontrabile, in ordine alla provenienza dei pannelli solari rubati, dovendosi tali doglianze considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Considerato che il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen, non risulta essere stato previamente dedotto come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen.. A tal proposito, va ribadito che «nel giudizio di legittimità, il ric proposto per motivi concernenti le statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Massime Conformi n. 4712 del 1982, Rv. 153578; n. 2654 del 1983 Rv. 163291)», (Sez. 3, Sentenza n. 2343 del 28/09/2018 Ud., dep. 18/01/2019, Di Fenza, Rv. 274346);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso laddove contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag della sentenza impugnata);
considerato che, la doglianza relativa alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentita in sede di legittimità in quanto sviluppa valutazioni di merito; il motivo risulta, altresì, manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 2 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decis o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
Considerato che il terzo motivo di ricorso è aspecifico, perché si risolve in generiche evocazioni di illogicità della motivazione, senza che tale vizio sia rinvenibile nella sentenza impugnata, dovendosi ricordare che l’illogicità deve essere manifesta -ossia individuabile con immediatezza- e sostanzialmente identificabile nella violazione delle massime di esperienza o delle leggi scientifiche, ossia quando sono disancorate da criteri oggettivi di valutazione, e trascendono in valutazioni soggettive e congetturali, insuscettibili di verifica empirica. Connotati che non si rinvengono e neanche vengono specificamente dedotti.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del) ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente