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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso in materia penale, sottolineando che i motivi di impugnazione non possono essere generici. Nel caso specifico, le censure relative all’elemento soggettivo del reato e alla quantificazione della pena sono state ritenute manifestamente infondate. La decisione ribadisce che l’inammissibilità del ricorso in Cassazione scatta quando le doglianze sono prive di specificità o mirano a un riesame del merito già adeguatamente motivato dai giudici dei gradi precedenti.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Troppo Generici

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, evidenziando come la genericità delle censure conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e per strutturare un’efficace strategia difensiva.

I Fatti del Caso in Esame

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali. Con il primo, contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 640 del codice penale, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Con il secondo motivo, eccepiva un difetto motivazionale e una violazione di legge in merito alla quantificazione della pena, con particolare riferimento alla mancata applicazione di alcune attenuanti e ai criteri di commisurazione della sanzione.

L’Analisi della Corte sull’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo per entrambi a una conclusione di inammissibilità. L’analisi dei giudici di legittimità si è concentrata sulla struttura e sul contenuto delle censure proposte dal ricorrente, valutandole alla luce dei principi che governano il giudizio in Cassazione.

Il Primo Motivo: La Genericità delle Censure sull’Elemento Soggettivo

Riguardo al primo motivo, la Corte ha stabilito che esso era “indeducibile”. Questo termine indica che la censura era stata formulata in modo del tutto generico, senza specificare le ragioni di diritto e i dati di fatto concreti che avrebbero dovuto sostenere le richieste. In pratica, il ricorrente si era limitato a contestare la valutazione del giudice di merito senza articolare una critica puntuale e giuridicamente fondata. Questo vizio rende il motivo incapace di superare il vaglio di ammissibilità.

Il Secondo Motivo: I Limiti al Sindacato sulla Quantificazione della Pena

Anche il secondo motivo, relativo al trattamento punitivo, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la sentenza impugnata aveva fornito una motivazione “sufficiente e non illogica” riguardo alla quantificazione della pena, esaminando adeguatamente le argomentazioni difensive. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudice di legittimità non può entrare nel merito delle valutazioni discrezionali del giudice dei gradi precedenti, come la commisurazione della pena, a meno che la motivazione sia palesemente mancante, contraddittoria o manifestamente illogica. Poiché in questo caso la motivazione esisteva ed era coerente, la censura si risolveva in un tentativo non consentito di ottenere un nuovo giudizio di merito.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione risiedono nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare specifici vizi di legittimità e non può limitarsi a riproporre le stesse questioni di fatto già decise, né a contestare genericamente le conclusioni dei giudici di merito. La manifesta infondatezza di entrambi i motivi ha quindi portato la Corte a dichiarare l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma la necessità di un approccio rigoroso e tecnicamente preciso nella redazione dei ricorsi per Cassazione. Le censure devono essere specifiche, autosufficienti e focalizzate su vizi di legittimità chiaramente individuabili, evitando contestazioni generiche o di mero fatto. In caso contrario, il rischio concreto è quello di incorrere in una declaratoria di inammissibilità, con l’effetto di rendere definitiva la condanna e di subire ulteriori oneri economici. La decisione serve da monito sulla serietà e la specificità richieste per accedere al giudizio della Suprema Corte.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono formulati in modo generico, privi di specifiche ragioni di diritto o di dati fattuali a loro supporto, oppure quando contestano valutazioni di merito (come la quantificazione della pena) che sono già state adeguatamente e logicamente motivate dal giudice precedente.

La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dalla Corte d’Appello?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la decisione sulla quantificazione della pena se questa è supportata da una motivazione sufficiente e non illogica. Il suo compito è verificare la legalità e la logicità del ragionamento del giudice, non sostituire la propria valutazione discrezionale.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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