Ricorso in Cassazione: i limiti e i motivi di inammissibilità
Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso che evidenzia i rigidi paletti procedurali per l’accesso al giudizio di legittimità, confermando la regola secondo cui non è possibile trasformare l’ultimo grado di giudizio in una nuova valutazione dei fatti. L’ordinanza in esame sancisce l’inammissibilità del ricorso di un imputato, condannato per ricettazione, a causa della genericità dei motivi e di vizi procedurali nella presentazione delle doglianze. Analizziamo la vicenda e le ragioni della decisione.
I Fatti del Processo
Un soggetto, condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava principalmente su tre punti: i primi due contestavano la qualificazione giuridica del fatto, sostenendo in sostanza una diversa interpretazione delle prove raccolte; il terzo punto lamentava il mancato riconoscimento di alcune circostanze attenuanti che avrebbero potuto ridurre la pena.
L’analisi della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili. Questa decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono chiaramente il ruolo e i limiti del giudizio di Cassazione. I giudici non hanno analizzato il merito della colpevolezza, ma si sono fermati alla correttezza formale e procedurale del ricorso stesso.
Motivi Generici e Rivalutazione dei Fatti
I primi due motivi, con cui si chiedeva di rivedere la qualificazione del reato, sono stati respinti perché privi di ‘concreta specificità’. La Corte ha osservato che la difesa non indicava specifici errori di diritto o travisamenti della prova, ma si limitava a proporre una ‘ricostruzione alternativa dei fatti’. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Cassazione, il cui compito non è quello di essere un ‘terzo grado di merito’, ma di effettuare un sindacato di legittimità, ossia verificare che la legge sia stata applicata correttamente. I giudici del merito, secondo la Corte, avevano già ampiamente e correttamente motivato il loro convincimento.
La mancata deduzione delle attenuanti nel giudizio d’appello
Anche il terzo motivo, relativo alle attenuanti, è stato dichiarato inammissibile per due distinte ragioni procedurali.
1. La richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’art. 323-bis c.p. non era mai stata presentata come specifico motivo nel precedente atto di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce a pena di inammissibilità del ricorso che non si possono sollevare in Cassazione questioni non devolute al giudice d’appello.
2. La richiesta di applicazione delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) era stata inserita nelle conclusioni dell’atto di appello, ma ‘senza il minimo apparato argomentativo di supporto’. Una semplice menzione non è sufficiente; è necessario spiegare le ragioni per cui si ritiene di meritare il beneficio.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità del ricorso sulla base di principi procedurali fondamentali. In primo luogo, il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di merito. I motivi devono denunciare vizi specifici della sentenza impugnata, come errori nell’applicazione della legge o vizi logici evidenti nella motivazione, e non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle risultanze processuali. In secondo luogo, il principio devolutivo dell’appello impone che le questioni sottoposte alla Cassazione siano state preventivamente e specificamente sollevate nel giudizio di secondo grado. L’omissione di un motivo di appello su una determinata questione, come il mancato riconoscimento di un’attenuante, preclude la possibilità di discuterne per la prima volta in sede di legittimità. Infine, anche quando una richiesta viene avanzata, deve essere supportata da un’adeguata argomentazione per consentire al giudice di valutarla. Una mera enunciazione, priva di sostegno logico-giuridico, è processualmente irrilevante.
Le conclusioni
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva. L’imputato è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di una corretta tecnica redazionale degli atti di impugnazione: i motivi di ricorso devono essere specifici, pertinenti e rispettosi delle preclusioni procedurali per evitare una declaratoria di inammissibilità che impedisce l’esame nel merito delle proprie ragioni.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e miravano a una rivalutazione dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. Inoltre, una delle attenuanti richieste non era stata dedotta come motivo d’appello, mentre l’altra era stata menzionata senza alcun supporto argomentativo.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.
Cosa succede se un motivo di ricorso non viene specificato nell’atto di appello?
Secondo l’art. 606, comma 3, c.p.p., una questione non specificamente sollevata come motivo nel giudizio d’appello non può essere presentata per la prima volta in Cassazione. Tale omissione comporta l’inammissibilità del relativo motivo di ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19090 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CELLINO ATTANASIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che i primi due motivi di ricorso, in punto di qualificazione giuridica del fatto, sono privi di concreta specificità e tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fat mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fatto, per come ricostruito, nella fattispecie di cui all’art. 648 cod. pen., ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento, in assenza di specifiche allegazioni dell’imputato (si veda, in particolare, pag. 4);
ritenuto che il terzo motivo, con il quale si censura il mancato riconoscimento delle attenuanti di cui agli artt. 323-bis e 62-bis cod. pen., non è consentito i sede di legittimità perché la prima censura non risulta essere stata specificamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., e la seconda violazione di legge è stata meramente inserita nelle conclusioni dell’appello senza il minimo apparato argomentativo di supporto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.