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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che ripropongono questioni già trattate, e sulla corretta valutazione della non intervenuta prescrizione del reato, il cui termine è stato prolungato a causa della recidiva reiterata e degli atti interruttivi. L’ordinanza chiarisce i requisiti di specificità per un’efficace impugnazione e illustra il meccanismo di calcolo della prescrizione in casi complessi, confermando l’importanza di una solida argomentazione legale per evitare una pronuncia di inammissibilità ricorso Cassazione.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso Cassazione: quando i motivi sono troppo generici

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sul calcolo della prescrizione. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità ricorso Cassazione presentato da un imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Questa pronuncia sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i motivi di impugnazione devono essere specifici e non possono limitarsi a una generica riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti.

I Fatti del Processo

Il caso origina da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva confermato la responsabilità penale di un individuo per diversi reati, determinando la relativa pena. L’imputato, tramite il suo difensore, sollevava diverse questioni, tra cui la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione in merito sia all’affermazione di colpevolezza sia alla mancata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La ragione principale risiede nella mancanza di specificità dei motivi addotti. Secondo i giudici, le argomentazioni della difesa erano fondate su “generici argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame”.

La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, l’inammissibilità deriva dalla “mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione”. In altre parole, un ricorso non può essere una semplice ripetizione, ma deve confrontarsi criticamente e in modo puntuale con la motivazione della sentenza che si intende contestare.

Le Motivazioni: Prescrizione e Recidiva

Un punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’eccezione di prescrizione. La difesa sosteneva che i reati, commessi fino al 25 ottobre 2012, fossero ormai estinti. La Cassazione ha smentito questa tesi con un’analisi dettagliata del calcolo dei termini.

Prendendo in esame il reato più grave (minaccia finalizzata a una tentata estorsione), che prevede un termine base di sei anni e otto mesi, la Corte ha applicato le maggiorazioni dovute a due fattori chiave:

1. Recidiva reiterata: La presenza di questa aggravante ha comportato un aumento di due terzi del termine base, portandolo a dieci anni (ai sensi degli artt. 157 e 99 c.p.).
2. Atti interruttivi: L’esistenza di atti che hanno interrotto il corso della prescrizione ha determinato un ulteriore aumento di due terzi, portando il termine finale a sedici anni e otto mesi (art. 161 c.p.).

Considerando che il reato si è consumato nell’ottobre 2012, il termine di prescrizione di 16 anni e 8 mesi non era ancora decorso alla data della sentenza d’appello (aprile 2023), né tantomeno a quella della decisione della Cassazione (marzo 2024).

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce due principi di fondamentale importanza pratica. In primo luogo, un ricorso per cassazione, per superare il vaglio di ammissibilità, deve essere redatto con estrema specificità, evitando di riproporre in modo acritico le medesime doglianze già respinte in appello. È necessario un confronto diretto e puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata. In secondo luogo, il calcolo della prescrizione è un’operazione complessa che deve tenere conto di tutte le variabili, come la recidiva e gli atti interruttivi, che possono estendere significativamente i termini ordinari. La decisione serve da monito sulla necessità di una difesa tecnica e approfondita in ogni fase del procedimento penale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non specifici. Si limitavano a riproporre argomenti già esaminati e rigettati dalla Corte d’Appello, senza instaurare una critica puntuale e pertinente con la motivazione della sentenza impugnata.

Il reato contestato era prescritto al momento della decisione?
No, il reato non era prescritto. La Corte di Cassazione ha calcolato che il termine di prescrizione, considerando il reato più grave e tenendo conto delle aggravanti come la recidiva reiterata e degli atti interruttivi, era di 16 anni e 8 mesi. Tale periodo, a partire dalla data di commissione del reato (fino al 25/10/2012), non era ancora trascorso.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base a quanto deciso nell’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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