Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando i Motivi Vengono Respinti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le ragioni che portano a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna fino all’ultimo grado di giudizio, deve formulare motivi specifici che attengano a violazioni di legge o a vizi logici della motivazione, non potendo limitarsi a una semplice riproposizione delle proprie tesi fattuali. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha applicato questi principi.
Il Contesto del Caso Giudiziario
I fatti alla base della vicenda processuale riguardano una condanna emessa dal Tribunale di Benevento e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato riconosciuto colpevole per i reati di falsità materiale commessa da privato e uso di atto falso, previsti dagli articoli 477 e 482 del codice penale.
Non ritenendo giusta la decisione dei giudici di merito, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandolo a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione
Il ricorrente ha tentato di scardinare la sentenza di condanna su due fronti: la valutazione delle prove e la determinazione della pena. Tuttavia, entrambi i motivi sono stati giudicati dalla Suprema Corte come manifestamente infondati e generici, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione.
Primo Motivo: Il Vizio di Motivazione sulla Responsabilità
L’imputato ha lamentato un vizio di motivazione, sostenendo che il quadro probatorio non fosse sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. La Corte di Cassazione ha rigettato questa censura, qualificandola come una mera “doglianza in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente non ha evidenziato un errore di diritto o un’illogicità manifesta nel ragionamento della Corte d’Appello, ma ha tentato di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di merito, ma di controllore della corretta applicazione della legge.
Secondo Motivo: La Pena e le Attenuanti Generiche
Il secondo motivo di ricorso criticava la determinazione della pena e, in particolare, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Anche in questo caso, la Corte ha rilevato la genericità e la manifesta infondatezza del motivo. I giudici hanno sottolineato che la motivazione della sentenza impugnata, pur sintetica, era esente da illogicità. Il diniego delle attenuanti era stato giustificato in modo sufficiente, senza che fosse necessario per il giudice di merito confutare analiticamente ogni singolo elemento potenzialmente favorevole all’imputato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità. Richiamando una storica sentenza delle Sezioni Unite (la n. 47289/2003, Petrella), i giudici hanno ribadito che il sindacato della Cassazione sulla motivazione è circoscritto al riscontro di un apparato argomentativo logico, senza possibilità di verificare la rispondenza di tale motivazione alle risultanze processuali.
Inoltre, per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha confermato l’orientamento secondo cui il giudice di merito non è obbligato a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti. È sufficiente che egli indichi quali elementi ha ritenuto decisivi per la sua valutazione, implicitamente disattendendo tutti gli altri. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello era stata ritenuta adeguata a questo standard.
Conclusioni: Lezioni Pratiche sulla Redazione del Ricorso
L’ordinanza si chiude con una condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una conseguenza diretta dell’inammissibilità. Questa decisione rappresenta un monito importante: un ricorso per Cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, concentrandosi su vizi di legittimità chiaramente identificabili e argomentati. Tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o formulare critiche generiche si traduce quasi inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità, con ulteriori conseguenze economiche per il condannato.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se si limita a presentare critiche sulla ricostruzione dei fatti (cosiddette “doglianze in punto di fatto”) invece di evidenziare errori di diritto, oppure se i motivi sono formulati in modo generico e non si confrontano specificamente con la logica della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove. Il suo compito è limitato a un “controllo di legittimità”, ovvero verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e che la loro motivazione sia logica e non contraddittoria. Non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito.
Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore dell’imputato?
No. Secondo quanto affermato dalla Corte, per negare la concessione delle attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi che ritiene decisivi o rilevanti ai fini della decisione, rimanendo così superati o disattesi tutti gli altri elementi non menzionati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12911 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12911 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 20 settembre 2023 che ha confermato la pronunzia del Tribunale di Benevento con la quale l’imputato è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen.
Considerato che il primo motivo – con il quale il ricorrente denunzia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di un compendio probatorio idoneo a giustificare un giudizio di responsabilità – è:
-costituito da mere doglianze in punto di fatto e non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
– manifestamente infondato poiché la motivazione della sentenza impugnata (pag. 3) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen.
Rilevato che il secondo e ultimo motivo – con il quale l’imputato deduce vizio di motivazione in punto di determinazione della pena e del diniego delle circostanze attenuanti generiche – oltre ad essere generico, è manifestamente infondato in presenza (pag. 4 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, m sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024