Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Generici
La Suprema Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso. Quando un appello si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza una critica puntuale alla decisione impugnata, la conseguenza è netta: l’inammissibilità del ricorso in Cassazione. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di una difesa tecnica e mirata.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato in giudizio abbreviato alla pena di otto mesi di reclusione e 1066 euro di multa per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La sostanza in questione era marijuana, sequestrata in una quantità corrispondente a oltre 180 dosi medie singole. Contro la sentenza della Corte d’Appello, che confermava la condanna, la difesa proponeva ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione
La difesa articolava il ricorso su tre punti principali, sostanzialmente identici in due distinti atti proposti da due diversi legali:
1. Mancato riconoscimento dell’uso personale: Si sosteneva che la sostanza stupefacente fosse destinata esclusivamente all’uso personale e non allo spaccio.
2. Omesso rilievo della particolare tenuità del fatto: Si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p., data la presunta minima offensività della condotta.
3. Trattamento sanzionatorio: Si contestava la conferma della pena, ritenuta eccessiva, il riconoscimento della recidiva e il diniego delle attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione ha giudicato tutti i motivi inammissibili. La ragione di fondo risiede nel fatto che le argomentazioni proposte non erano altro che una sterile riproduzione di censure già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si basa su una logica procedurale rigorosa. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Il suo scopo non è rivalutare i fatti, ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato in modo logico e non contraddittorio le loro decisioni.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già spiegato, con argomenti giuridici corretti e non illogici, perché la destinazione allo spaccio fosse provata da indizi gravi, precisi e concordanti. Aveva inoltre motivato l’impossibilità di riconoscere la particolare tenuità del fatto, considerando la rilevante quantità di droga detenuta (oltre 180 dosi) e la natura abituale del comportamento. Infine, aveva giustificato la pena inflitta, di poco superiore al minimo, in relazione a un grave precedente non troppo lontano nel tempo.
I ricorsi presentati, secondo la Suprema Corte, non hanno mosso una critica specifica e puntuale a queste motivazioni. Si sono limitati a riproporre le stesse tesi difensive, senza spiegare dove e perché la Corte d’Appello avesse sbagliato nel suo ragionamento giuridico. Questa genericità e riproduttività delle doglianze rende il ricorso inidoneo a innescare un vero controllo di legittimità, portando inevitabilmente alla sua inammissibilità.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione sottolinea una lezione cruciale per ogni difensore: un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi. Deve invece consistere in un’analisi critica e tecnica della sentenza impugnata, individuandone i vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti di motivazione) in modo chiaro e specifico. In assenza di tale specificità, l’esito più probabile è una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con conseguente aggravio di spese per l’assistito.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici e si limitano a riprodurre censure già adeguatamente vagliate e respinte dal giudice di merito, senza muovere una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata.
È sufficiente non essere d’accordo con la valutazione dei fatti del giudice d’appello per ricorrere in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione non riesamina i fatti. Il ricorso deve evidenziare un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione della sentenza precedente, non un semplice disaccordo con la ricostruzione fattuale, che è compito esclusivo dei giudici di merito.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base a quanto stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12303 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
i
Rilevato che, con due ricorsi proposti, rispettivamente, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, condannato in giudizio abbreviato alla pena di mesi otto di reclusione e 1066 C di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, ha ded la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione con riguardo, rispettivament mancato riconoscimento della destinazione esclusivamente personale dello stupefacente detenuto (primo motivo di entrambi i ricorsi); all’omesso rilievo della causa di non punibilità particolare tenuità del fatto (secondo motivo di entrambi i ricorsi); alla conferma del tratta sanzionatorio con riconoscimento della contestata recidiva (terzo motivo del ricorso propos dall’AVV_NOTAIO) e irrogazione di una pena superiore al minimo edittale con diniego dell circostanze attenuanti generiche (terzo motivo del ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO);
Considerato che i ricorsi sono inammissibili perché tutti i motivi dedotti non s consentiti in sede di legittimità in quanto, con riferimento a quelli, articolati sostanzialmente identico nei primi due motivi dei ricorsi, si tratta di doglianze riprodut censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice merito e neppure scandite dalla specifica critica delle argomentazioni poste a base della senten impugnata, che, con non illogica motivazione, non scalfita dalle generiche censure proposte ne ricorsi, ha attestato, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, la destinazione allo della sostanza stupefacente sequestrata all’imputato ed al suo complice e, con giudizio di meri in questa sede non altrimenti scrutinabile, ha ritenuto l’impossibilità di riconoscere la part tenuità del fatto anche in relazione alle concrete modalità della complessiva condotta detenzione di oltre 180 dosi medie singole di marijuana, profilo da ritenersi sufficien escludere la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 131 bis c p. al di là dell’ulteriore rilievo circa la natura abituale del comportamento;
Ritenuto che sono parimenti inammissibili le doglianze dedotte nel terzo motivo dei due ricorsi, poiché inerenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non il motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive – in questa sede meramente e genericamente riprodotte – avendo la Corte territoriale adeguatamente spiegato le ragioni del conferma della pena inflitta in primo grado, di poco superiore al minimo edittale, ragioni qui ulteriormente sindacabili neppure con riguardo al riconoscimento degli effetti della recid argomentato in relazione al grave precedente, non particolarmente risalente rispetto alla data commissione dei fatti sub iudice, ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche, certo non inficiato dalle generiche critiche svolte in ricorso;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili e rilevato che a declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 26 gennaio 2024.