Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9203 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; chiesto dichiararsi inammCOGNOMEbile il ricorso;
letta le conclusioni scritte con allegate note di udienza, unitamente alla nota spese, depositate dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse delle parti civili costituite; letta la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, depositata in data 17 gennaio 2024 in replica alla requisitoria scritta del PG.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza della Corte d’appello di Milano del 14 dicembre 2022, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 7 ottobre 2020, appellata, per quanto qui rileva, da COGNOME, veniva dichiarato non doversi procedere nei confronti del medesimo imputato in relazione al capo b) della rubrica in quanto estinto per prescrizione, assolvendolo dal reato di cui al capo h), in relazione all’indicazione di elementi attivi inferiori a quelli effettivi per 540.092,27 per insussistenza del fatto, rideterminando per l’effetto la pena in 2 anni di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena principale e di quelle accessorie, e revocando le statuizioni civili in relazione ai capi g) ed h) della rubrica con riduzione della confisca per equivalente dei beni nella sua disponibilità sino alla concorrenza della somma di euro 104.811,76, confermando nel resto l’appellata sentenza (dunque, limitatamente al solo capo g) della rubrica, relativo al delitto di frode fiscale ex art. 2, d. Igs. n. 74 del 2000) e condannando il medesimo alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il difensore, deducendo sette motivi, di seguito sommariamente indicati.
Deve, a tal proposito, premettersi l’assoluta caoticità delle censure dedotte – che già di per sé sarebbe causa di inammCOGNOMEbilità del ricorso per carenza di specificità dei motivi -, in quanto l’atto di impugnazione è confezionato con modalità tali da non rendere chiari gli effettivi motivi di doglianza.
Ed infatti, mentre nell’incipit dell’impugnazione, intestata alla Corte di appello, la difesa sembrerebbe indicare in maniera sintetica senza illustrarli e numerandoli, nove motivi di ricorso – in realtà definendoli motivi di appello -, a pag. 3, dopo l’indicazione degli stessi, dichiara di “voler procedere ad un’analisi delle ragioni, rinviando, per sinteticità alle considerazioni contenute nell’atto di appello e nelle varie note conclusive per approfondimento delle eccezioni non esaminate” (tecnica redazionale non ammCOGNOMEbile in questa sede che rende l’impugnazione in sede di legittimità inammCOGNOMEbile: tra le tante, Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, dep. 2014, Rv. 258962 – 01), per poi descrivere il fatto (pagg. :3/7), svolgere una serie di “critiche alla ricostruzione in fatto operata dal tribunale” sviluppate con riferimento ai capi di imputazione a) (pag. 8/10), capo di imputazione b) (pagg. 10/14), capi di imputazione e) e g) (pagg. 14/16), per poi sviluppare una serie di
“critiche alla sentenza di appello” (pagg. 16 ss.), in cui suddivide in, sette punt pie; una serie di censure non pienamente corrispondenti all’elencazione ~motivi di “ricorso/appello” originariamente illustrati alle pagg. 1/3. Nella confusione così ingenerata a causa della stesa struttura dell’impugnazione, tenuto conto che l’attenzione ed il sindacato di questa Corte può svolgersi solo in relazione ai motivi illustrati, si procederà ad analizzare e qualificare come motivi di ricorso quelli sviluppati alle pagg. 16 ss. concernenti le critiche alla sentenza d’appello, oggetto dell’impugnazione dinanzi a questa Corte.
3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 24, Cost. sulla posizione COGNOME.
In sintesi, si sostiene che poiché il COGNOME è stato condannato in concorso anche il COGNOME, deceduto e per il quale si è pronunciata sentenza di non doversi procedere, logicamente resta la sua dichiarazione di colpevolezza, permanendo il diritto degli eredi alla decisione nel merito, in quanto in un eventuale procedimento civile gli eredi del COGNOME non avrebbero possibilità di difesa, con la conseguenza che i giudici di appello avrebbero errato nel pronunciare sentenza di improcedibilità rilevando la carenza di interesse alla decisione nel merito, che andrebbe oltre l’interesse morale, violando il diritto di difesa di coloro che sono diventati responsabili civili di fatto.
3.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di omessa pronuncia sulle eccezioni preliminari e su un’eccezione fondamentale.
In sintesi, il ricorrente si duole per aver la Corte d’appello assertivamente ribadito l’inutilizzabilità degli atti conseguenti al fatto che, a fronte di una denunci del maggio 2014, in assenza di prima richiesta di proroga, le indagini erano state delegate a gennaio 2015 per poi essere effettuate nel febbraio dello stesso anno. Analogamente si duole della compressione del contraddittorio per mancata ammCOGNOMEone dei testi a difesa, sostenendo che alla difesa del COGNOME sarebbevistate) concesso solo un testimone su quattro con revoca della metà in quanto, ritualmente citati, gli stessi non erano comparsi, svolgendo alcune considerazioni sull’interesse a deporre di quelli revocati.
3.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di errata valutazione dei fatti in relazione al capo b) della rubrica.
In sintesi, dopo aver dedotto l’erroneità della valutazione del tribunale circa il momento di decorrenza del termine di prescrizione del reato in esame e descritti due problemi che avrebbero inficiato la sentenza impugnata (contraddittorietà tra
la sentenza impugnata e la sentenza n. 1335/2018; individuazione del danno subito dai non soci della cooperativa derivante da una presunta truffa nei confronti della cooperativa), contesta il ricorrente il titolo in base al quale le parti civi sarebbero costituite, senza peraltro dare alcun peso alle registrazioni prodotte dal teste COGNOME, svolgendo poi alcune considerazioni sui fatti relativi all’imputazione in esame per sostenere la mancanza degli artifizi e raggiri oltre che “l’arricchimento e l’impoverimento”. Viene, ancora, censurata la ricostruzione operata nella sentenza d’appello circa la deposizione COGNOME, svolgendo, cfr. pagg. 22/23, una serie di ulteriori doglianze di natura fattuale che avrebbero inficiato la sentenza impugnata.
3.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di errata valutazione delle prove e di violazione di legge in relazione al capo g) della rubrica.
In sintesi, premesso che i giudici di appello avrebbero confuso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, si sostiene che sarebbe discutibile l’affermazione secondo cui, non essendovi le firme sugli atti sociali di COGNOME, verosimilmente redatti dal commercialista, sarebbe certo che gli stessi siano postumi, che siano opera del COGNOME e che quest’ultimo, marito dall’institore, sarebbe il vero dominus della società. Sul punto, si ribadisce, invece, che era NOME COGNOME ad amministrare la società e che, pertanto, i giudici di appello avrebbero apoditticamente creato una rappresentazione del tutto distorta per dimostrare la responsabilità del COGNOME.
3.5. Deduce, con il quinto motivo, il vizio di illogicità manifesta della motivazione in ordine alle statuizioni civili.
In sintesi, si sostiene che la sentenza sarebbe contraddittoria in quanto dedicherebbe ampio spazio a discutere del fatto che il danno è per la società e non per i soci, revocando la statuizione civile in relazione a tutti capi, salvo che per capo b). Paradossale sarebbe stato poi revocare il titolo del risarcimento, confermandolo nel quantum, in quanto se la provvisionale di 5000 euro fosse stata giustificabile per più capi, non avrebbe potuto esserlo per un solo capo.
3.6. Deduce, con il sesto motivo, il vizio di contraddittorietà della motivazione in ordine al quantum di pena irrogata.
In sintesi, premesso che la condanna del COGNOME in primo grado era stata influenzata dalla sua affermazione di responsabilità per più capi di imputazione, si sarebbe invece dovuta ridurre in appello la pena in considerazione dell’unicità del reato per il quale residua l’affermazione di responsabilità, con conseguente violazione sia dell’art. 133, c.p. che dell’art. 62-bis, c.p.
3.7. Deduce, con il settimo motivo, il vizio di violazione di legge processuale.
In sintesi, nell’ultimo motivo di ricorso, la difesa del ricorrente richiama una serie di eccezioni processuali in parte risolte, in parte immotivatamente non oggetto di risposta da parte della Corte d’appello, che inficerebbero la sentenza impugnata: sostituzione in primo grado di tre diversi giudici con conservazione degli atti acquisiti senza consenso; eccezioni preliminari in primo grado introitate da un giudice ma decise da altro giudice; mancato accoglimento dell’istanza di legittimo impedimento in primo grado del difensore stante un concomitante impegno processuale in Roma, per mancato adempimento dell’onere di individuare un sostituto; sostituzione del collegio d’appello per quattro volte; riconoscimento alle parti civili della possibilità di presentare quattro diverse memorie contenenti le proprie conclusioni tutte diverse , ( loro sostitutive della discussione orale, per poi essere ammesse alla discussione orale depositando memoria di replica alle conclusioni del PG in assenza/duna replica da parte di quest’ultimo; mancato riconoscimento alla difesa del COGNOME di escutere i propri testi ammessi, tra l’altro, sulle ragion per le quali richiedevano un risarcimento dei danni, concesso senza alcun motivo; risarcimento alle parti civili costituite per attività non concernenti la RAGIONE_SOCIALE a fronte di danni lamentati nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
4. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 4 dicembre 2023, ha chiesto dichiararsi inammCOGNOMEbile il ricorso.
In sintesi, il PG ha ritenuto che non sussista il vizio di inidonea motivazione atteso che il provvedimento ha evidenziato le responsabilità del ricorrente oltre ogni ragionevole dubbio saldando in maniera logica e congrua le fonti di prova in atti. Il ricorso, a tratti, scende palesemente nel merito, proponendo un’interpretazione alternativa dei fatti e prospettando il concetto di difetto di prova. In partic lare, destituita di fondamento è la doglianza circa la già intervenuta prescrizione, visto che essa maturerà solo in data 10/9/2024 decorrendo dalla sottoscrizione dei contratti di compravendita. Decisamente in fatto sono le doglianze di cui ai motivi 2, 3, 5, 6 e 9 del ricorso come riepilogate a pag. 2 e 3 del ricorso. Il motivo settimo attinge al concetto di difetto di prova. Parimenti adeguatamente motivati sono i punti della sentenza relativi al corredo circostanziale, ivi compreso quello avente ad oggetto il diniego della concessione delle attenuanti generiche.
5. AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, ha fatto pervenire in data 17 gennaio 2024 una memoria difensiva con cui, in replica alla requisitoria scritta del PG, ha anzitutto sollevato una questione preliminare circa l’errata
formazione del contraddittorio (osservando come con la sentenza impugnata era stata disposta, in accoglimento della domanda della difesa, l’estromCOGNOMEone della parte civile per i capi di imputazione oggetto del presente giudizio), un’ulteriore questione preliminare circa la non corrispondenza della requisitoria con i motivi di impugnazione nonché una serie di questioni afferenti al merito (prescrizione del reato di truffa: salvo che il PG faccia riferimento alla data di maturazione della prescrizione relativamente al capo G, anche in quanto, la prescrizione relativa al capo B non solo è pacificamente maturata, ma è stata dichiarata dalla sentenza di Corte d’Appello, ciò che è qui in discussione è quando essa sia maturata, posto che tutte le difese hanno eccepito la stessa nel novembre 2019 e, ad oggi, nessuno ha indicato la data in cui essa è maturata).
AVV_NOTAIO, nell’interesse delle parti civili costituite, ha depositato in data 12 gennaio 2024 le conclusioni scritte con allegate note di udienza, unitamente alla nota spese, insistendo nella conferma dell’impnnata sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato senza la presenza dei difensori ai sensi dell’art. 23, comma 8, del D.L. 137/2020, è inammCOGNOMEbile, essendo del resto prive di qualsiasi pregio le questioni svolte nella memoria difensiva depositata in limine litis che, quand’anche qualificabili come motivi aggiunti (pur prescindendo dalla loro tardività, essendo pervenuti senza il rispetto del termine di gg. 15 previsto dalla legge), sarebbero comunque da qualificare inammCOGNOMEbili attesa l’inannniCOGNOMEbilità dei motivi originariamente articolati con il ricorso ex art. 585, cod. proc. pen.
Il primo motivo è inammCOGNOMEbile per difetto di legittimazione del difensore ex art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.
Il difensore del COGNOME non è infatti legittimato ad impugnare il capo della sentenza riguardante un imputato, peraltro deceduto, ossia il COGNOME. Peraltro, il motivo di ricorso sarebbe stato comunque inammCOGNOMEbile ove anche l’AVV_NOTAIO avesse ricevuto il mandato da parte degli eredi COGNOME, essendo infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l’impugnazione (nella specie, ricorso per cassazione) proposta dopo la morte dell’imputato è inammCOGNOMEbile per difetto di legittimazione e non può comportare né la condanna alle spese della parte privata che, non essendo più soggetto del rapporto processuale, non può essere destinatario della statuizione, né del difensore che, sia pur non legittimato al gravame, rappresentando la difesa tecnica, non è parte in senso tecnico e non
è soggetto al principio della soccombenza (tra le tante: Sez. 6, n. 14248 del 19/03/2007, Rv. 236485 – 01).
3. Il secondo motivo è inammCOGNOMEbile.
La Corte d’appello motiva sul punto alle pagg. 17/18. I giudici evidenziano come la difesa del COGNOME si fosse limitata a ribadire assertivamente e senza alcuna argomentazione specifica le “eccezioni preliminari di costituzionalità e difetto di giurisdizione, di inutilizzabilità di atti e di prescrizione”, richiamando pertan per relationem quanto argomentato sul punto dal primo giudice, aggiungendo, quanto alla dedotta compressione del contraddittorio, che il vasto ed articolato materiale probatorio acquisitbin primo grado fosse ampiamente esaustivo ed idoneo a sorreggere l’accertamento demandato al collegio di appello, senza alcuna necessità di rinnovazione istruttoria con riferimenti ai testi che la difesa assumeva essere stati esclusi illegittimamente, valutazione di completezza del materiale probatorio che ha fatto ritenere insussistenti ai giudici territoriali i presuppost& per l rinnovazione istruttoria ex art. 603, c.p.p. per le ulteriori acquisizioni documentali richieste dalle parti, in particolare dalla difesa COGNOME con i motivi aggiunti.
Orbene, va anzitutto evidenziata la genericità dell’impugnazione proposta in questa sede con riferimento ad eccezioni diverse da quelle di nutilizzabilità delle indagini relative al mancato rispetto della sequenza procedimentale prevista dalla legge processuale in tema di proroga delle indagini nonché per l’asserita compressione del contraddittorio derivante dalla mancata possibilità di escutere i testi a difesa revocati (Sez. 2, n. 11126 del 26/06/1992, Rv. 192556).
Quanto, invece, a tali eccezioni, le uniche specificamente dedotte in ricorso, se ne evidenzia l’inammCOGNOMEbilità. Ciò vale sia per l’eccezione di inutilizzabilità dell indagini relative al mancato rispetto della sequenza procedimentale prevista dalla legge processuale in tema di proroga delle indagini, sia perché , non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De Iorio, Rv. 244328 – 01), sia, soprattutto, perché in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammCOGNOMEbilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza s complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009.
COGNOME, Rv. 243416 – 01, relativa a fattispecie riguardante atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari). Onere, nella specie, non assolto dalla difesa.
Quanto, poi, all’asserita compressione del contraddittorio derivante dalla mancata possibilità di escutere i testi a difesa revocati, va ribadito il principio, c questo Collegio ritiene di dover dare continuità, secondo cui, in tema di prova testimoniale, la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti e ha pertanto natura perentoria, con conseguente legittimità del provvedimento di revoca dell’ammCOGNOMEone dei predetti testi (tra le tante: Sez. 5, n. 20502 del 14/01/2019, Rv. 275529 – 01). A ciò va aggiunto, si noti, che la difesa nel ricorso non ha ritenuto di dover impugnare il rigetto della rinnovazione istruttoria, manifestando quindi una sostanziale acquiescenza all’affermazione della stessa Corte territoriale di non assoluta necessità dell’audizione dei testi asseritamente pretermessi, a fronte del diverso materiale probatorio in atti acquisito.
4. Il terzo motivo è inammCOGNOMEbile.
Attraverso le doglianze difensive per come sviluppate, infatti, la difesa del ricorrente articola una elaborata critica alla sentenza impugnata infarcita di proposizioni fattuali e richiedendo, in sostanza, a questa Corte – come dimostra lo stesso incipit del motivo (errata valutazione dei fatti in relazione al capo b) di sostituirsi ai giudici di merito, appunto, nella valutazione delle prove. In ogni caso, al di là della rubrica in cui è sintetizzata la doglianza, il motivo in questione realtà si risolve in censure di fatto, contrapponendo un alternativo apprezzamento alla valutazione operata dei giudici di merito, finendo con il richiedere alla Corte di legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei fatti.
Indice sintomatico di tale intento è l’inutile tentativo, contenuto nel ricorso, di segmentare singole parti della motivazione richiamandone le pagine per tentare di evidenziarne ipotetiche aporie motivazionali o, ancora, l’aver cercato di fornire una diversa lettura alle registrazioni fornite dal teste COGNOME, che equivale all’inammCOGNOMEbile esibizione alla Corte di legittimità del materiale probatorio acquisito. Questa Corte ha ripetutamente affermato la nullità del provvedimento del giudice che si limiti all’elencazione descrittiva degli elementi di fatto, essendo indispensabile, per sorreggere un giudizio, l’esistenza della valutazione critica ed argomentata degli elementi di prova. Per le stesse ragioni non è ammCOGNOMEbile un ricorso che, anziché individuare vizi di legittimità nel provvedimento impugnato, sottoponga
direttamente alla Corte di cassazione elementi di prova che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errata valutazione probatoria. La Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se contenute in un atto di parte. In sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’e genza della completezza espositiva (cfr., tra le tante: Sei, 6, n. 40609 del 01/10/2008, Rv. 241214).
L’inammCOGNOMEbilità di un siffatto ricorso deriva sia dai chiarCOGNOMEmi limiti che legislatore ha posto al sindacato di legittimità nell’art. 606 c.p.p sia dalla necessità di non compromettere ruolo e la funzione della Corte stessa, la quale più che essere chiamata a verificare la legittimità della decisione impugnata finirebbe con il trovarsi inevitabilmente esposta ad una diretta ed immediata conoscenza degli atti processuali con il rischio di sovrapporre illegittimamente la propria valutazione a quella di competenza del giudice di merito. Peraltro, e ad abundantiam, è sufficiente osservare che il puntuale, logico e vasto apparato argomentativo svolto dalla sentenza impugnata in relazione ai fatti di cui al capo b) della rubrica, per i quali vi è conferma solo con riferimento alle sole statuizioni risarcitorie (v. pagg. 18/30), essendosi pronunciata sentenza di proscioglimento agli effetti penali, rende del tutto prive di pregio le censure rivolte alla motivazione della sentenza impugnata.
5. Il quarto motivo è inammCOGNOMEbile.
Lo stesso in parte si espone alle medesime ragioni di inammCOGNOMEbilità comuni al precedente motivo nella parte in cui pretende di criticare la valutazione probatoria operata dai giudici territoriali quanto al reato sub g), e, nel resto, è generi per aspecificità in quanto non si confronta con la motivazione dell’impugnata sentenza che, alle pagg. 31/39, con dovizia di particolari e con attento esame delle deduzioni difensive ha chiarito le ragioni per le quali al COGNOME dovesse essere attribuito il ruolo di dominus della società, concordando con il Tribunale nell’aver ritenuto inconsistente il tentativo difensivo di attribuire alla COGNOME il ruolo di i tore della “cartiera” RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso per Cassazione deve infatti essere dichiarato inammCOGNOMEbile perché generico quando i motivi difettino di qualunque riferimento alle fonti probatorie utilizzate dal giudice e di una meditata critica del giudizio ricostruttivo e valutativ
da quest’ultimo espresso e si risolvano nella ripetizione più o meno sintetica di quelli già dedotti con l’appello e motivatamente respinti dal giudice di secondo grado ed in astratte critiche avverso la valutazione del materiale istruttorio e l’apprezzamento delle emergenze processuali compiutamente e congruamente svolti nella decisione impugnata, in conformità alle fondamentali regole di ermeneutica probatoria e con procedimento idoneo a fornire piena contezza dell’iter logicogiuridico dal quale è derivato il convincimento espresso in sentenza.
6. Il quinto motivo è inammCOGNOMEbile.
La Corte d’appello motiva in punto di statuizioni civili alle pagg. 41/44 della sentenza impugnata, chiarendo le ragioni per le quali la conferma delle predette statuizioni si imponesse con riferimento al solo capo b) della rubrica (cfr. segnatamente pag. 44). La censura si pone, pertanto, come puramente contestativa e, in quanto, tale si caratterizza per la sua genericità per aspecificità, non confrontandosi con la motivazione della sentenza impugnata.
È infatti inammCOGNOMEbile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammCOGNOMEbilità (tra le tante: Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, Rv. 210157 – 01).
Quanto poi alla censura relativa alla conferma del quantum della provvisionale, si tratta di censura in questa sede non esaminabile. Pacifico è infatti l’orientamento di questa Corte secondo cui non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (tra le tante: Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Rv. 277773 – 02).
7. Il sesto motivo è inammCOGNOMEbile.
La sentenza d’appello motiva sul punto alle pagg. 40/41 della sentenza. In particolare, i giudici procedono alla riduzione del trattamento sanzionatorio, limitandolo al solo reato sub g), condividendo le considerazioni del tribunale in punto
di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in relazione alla complessiva valutazione della condotta dell’imputato quale emersa dall’intera vicenda processuale, sia seguendo scrupolosamente i criteri direttivi indicati dall’art. 133, c.p., in ragione della gravità complessiva dei fatti e dell’intensità del dolo.
Trattasi di motivazione del tutto corretta e scevra dal dedotto vizio motivazionale, dovendosi, quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ribadire che il giudice può legittimamente trarre elementi di valutazione per escludere la concessione delle attenuanti generiche anche da reati contestati come commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, che, pur accertati, sono stati dichiarati prescritti, in quanto, con l’estinzione del reato, viene meno il rap porto penale, ma non il fatto storico che lo costituisce (tra le tante: Sez. 5, n 10977 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278921 – 01).
Quanto, poi, al trattamento sanzionatorio, i giudici hanno valorizzato l’intensità del dolo e la gravità complessiva dei fatti per determinare la pena finale inflitta (invero assai modesta a fronte dei fatti ascritti). In ogni caso va qui ribadi che in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Rv. 265283 – 01).
8. Anche il settimo ed ultimo motivo è inammCOGNOMEbile.
Se è ben vero infatti che, in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e)- del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (per tutte, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01), è tuttavia altrettanto vero che ove la deduzione di vitia in procedendo sia articolata in maniera del tutto generica, senza nemmeno operare alcun riferimento cronologico alle udienze in cui tali vizi procedurali si sarebbero verificati, come avvenuto nel caso di specie, la relativa eccezione “cumulativa” non può che esporsi al giudizio di inammCOGNOMEbilità per la sua evidente genericità, non consentendo infatti alla Corte di verificare la fondatezza della singola eccezione processuale, non essendo individuabile il momento storico in cui la stessa si sarebbe verificata, a meno di costringere la Corte alla ricerca tra gli atti processuali degli elementi che ne costituirebbero il fondamento,
sostituendosi alla parte negligente nel formulare un’eccezione processuale non specifica, operazione certamente non consentita in sede di legittimità.
Deve, quindi, essere ribadito il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di giudizio di legittimità, il potere della Corte di cassazione di controllo degli atti per la verifica della fondatezza dei motivi inerenti ad asseri “errores in procedendo” non esonera il ricorrente dalla specifica indicazione, secondo quanto previsto dall’art. 187, comma 2′ cod. proc. pen., degli elementi dai quali dedurre le caratteristiche dell’atto, anche quando venga allegato un vizio che si risolve nell’inutilizzabilità dell’atto stesso (Sez. 6, n. 36612 del 19/11/2020, Rv 280121 – 01, relativa a fattispecie in cui il ricorrente, pur avendo dedotto l’inuti lizzabilità dei verbali delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia inviati al giu per le indagini preliminari con “omCOGNOMEs”, non aveva fornito alcun elemento dal quale desumere la trasmCOGNOMEone parziale di tali atti; conformi, Sez. 1, n. 34351 del 11/05/2005, Rv. 232508 – 01; Sez. 4, n. 25310 del 07/04/2004, Rv. 228953 01).
9. All’inammCOGNOMEbilità consegue ex art. 616, cod. proc. pen. la condanna alle spese ed al pagamento della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso. Segue, inoltre, la condanna alla rifusione delle spese del grado sostenute dalle parti civili costituite NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, liquidate, a norma del D.M. 55/2014 recante “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell’art. 13 comma 6 della legge 31 dicembre 2012 n. 247”, aggiornati al D.M. n. 147 del 13/08/2022, in complessivi 5000 euro, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
Dichiara inammCOGNOMEbile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili NOME COGNOME, PIER-
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso spese generale, IVA e CPA come per legge. COGNOME COGNOME NOME–
Così deciso, il 26 gennaio 2024
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Il Presidente