Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando e Perché un Ricorso Viene Respinto
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli esiti più severi per chi cerca giustizia presso la Suprema Corte. Non si tratta di una decisione sul merito della questione, ma di una declaratoria che blocca l’analisi del caso a causa di vizi procedurali. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio dei paletti rigorosi imposti dalla legge, la cui violazione porta inevitabilmente a una condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme i motivi che hanno portato a tale decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna da parte della Corte di Appello, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a diversi motivi. Le censure mosse alla sentenza di secondo grado riguardavano presunte violazioni di legge in materia fiscale, vizi di motivazione sulla sussistenza di una condotta di occultamento, il rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e l’omessa risposta sulla concedibilità della non menzione della condanna nel casellario giudiziale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente non solo ha visto confermata la decisione della Corte di Appello, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Vediamo nel dettaglio le ragioni giuridiche di questa pronuncia.
Le Motivazioni e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte ha analizzato separatamente ogni motivo di ricorso, riscontrando per ciascuno un vizio insanabile che ne ha impedito l’esame nel merito. Questo approccio ci permette di comprendere quali sono gli errori da non commettere nella redazione di un ricorso per Cassazione.
Primo Motivo: Il Difetto di Specificità Estrinseca
Il primo motivo, relativo a violazioni di norme tributarie, è stato giudicato inammissibile per difetto di specificità estrinseca. Questo termine tecnico indica che il ricorso non si confrontava realmente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Invece di contestare punto per punto il ragionamento dei giudici d’appello, il ricorrente si è limitato a riproporre le proprie tesi in modo generico. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesamina tutto daccapo; è un giudice di legittimità che valuta solo specifici errori di diritto o di logica della decisione precedente. Un motivo che non si ‘aggancia’ alla sentenza impugnata è, per definizione, inammissibile.
Secondo e Quarto Motivo: Il Divieto di ‘Nova’ in Cassazione
Il secondo e il quarto motivo sono stati dichiarati inammissibili perché sollevavano questioni non dedotte con l’appello. La giurisprudenza consolidata, richiamata anche dalle Sezioni Unite, stabilisce un principio fondamentale: non si possono presentare per la prima volta in Cassazione argomenti o richieste che dovevano essere sottoposti al giudice di secondo grado. Questo serve a evitare strategie processuali dilatorie e a garantire che ogni grado di giudizio abbia la sua piena funzione. Sollevare una questione per la prima volta davanti alla Suprema Corte significa averla intenzionalmente sottratta al dibattito processuale precedente, e ciò non è consentito.
Terzo Motivo: Manifesta Infondatezza sulla Particolare Tenuità del Fatto
Infine, il motivo sul rigetto dell’art. 131-bis c.p. è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Appello aveva negato la particolare tenuità del fatto basandosi sui criteri di gravità del reato previsti dall’art. 133 del codice penale. Secondo la Cassazione, questa motivazione era immune da vizi e del tutto adeguata. È stato precisato che, per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis, è sufficiente che il giudice motivi l’assenza anche di uno solo dei presupposti richiesti dalla norma (ad esempio, la minima offensività), se questo è ritenuto decisivo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza del rigore tecnico nella redazione di un ricorso per Cassazione. L’inammissibilità del ricorso in Cassazione non è un’eventualità remota, ma una conseguenza diretta di errori procedurali specifici: la genericità dei motivi, la proposizione di questioni nuove e la manifesta infondatezza delle censure. La decisione conferma che il giudizio di legittimità ha regole precise e non ammette scorciatoie. Per gli operatori del diritto, ciò significa studiare attentamente la sentenza da impugnare e costruire un ricorso che sia una critica puntuale e pertinente. Per i cittadini, è la conferma che l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, richiede competenza e rispetto delle regole processuali, pena la definitiva chiusura del caso con un aggravio di spese.
È possibile presentare in Cassazione questioni non discusse in appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in base agli artt. 609 e 606, comma 3, cod. proc. pen., non è possibile proporre questioni non prospettate in appello per evitare che un punto venga intenzionalmente sottratto al giudice di secondo grado.
Cosa si intende per ‘difetto di specificità estrinseca’ di un motivo di ricorso?
Significa che il motivo di ricorso è generico e non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a criticare la decisione in modo astratto senza contestare il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice precedente.
Per escludere la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), il giudice deve analizzare tutti i presupposti della norma?
No, secondo l’ordinanza è adeguata e sufficiente una motivazione che dia conto dell’assenza anche di uno soltanto dei presupposti richiesti dalla norma (come i criteri di gravità del reato ex art. 133 c.p.), qualora questo sia ritenuto decisivo per escluderne l’applicazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 351 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 12/08/1956
avverso la sentenza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il primo motivo del ricorso di COGNOME NOME, con cui si deduce la violazione degli artt. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, 9 d.lgs. n.471 del 1997, è inammissibile per il difetto di specificità estrinseca; non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, del tutto corretta in diritto, che ha escluso la sussistenza del mero illecito amministrativo (cfr. pag. 2-3). Il secondo ed il quarto motivo, con cui si deducono il vizio della motivazione suda sussistenza della condotta di occultamento e l’omessa risposta al motivo di appello sulla concedibilità della non menzione, sono inammissibili trattandosi di questioni non dedotte con l’appello. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la lettura coordinata degli artt. 609 e 606, comma 3, cod. proc. pen. impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, quale rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (cfr. Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794).
Il terzo motivo, con cui si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione sul rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato perché la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi, in aderenza ai principi della giurisprudenza, ha escluso la sussistenza della particolare tenuità del fatto richiamando i criteri di cui all’a 133, comma primo, cod. pen. È adeguata la motivazione che dia conto dell’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis ritenuto, evidentemente, decisivo (cfr. Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, COGNOME, Rv. 273678 – 01).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle femende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.