Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22814 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22814 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 14/01/1996
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 7 novembre 2024 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 21 novembre 2023, ha rideterminato la pena inflitta ad NOME COGNOME nella misura di mesi sei di reclusione ed euro 1.200,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine: al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale, per non essere stato provato che la sostanza da lui ceduta fosse di natura stupefacente; al mancato riconoscimento in suo favore della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.; al trattamento sanzionatorio inflittogli, di cui lamenta l’eccessiva entità.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere ribadito come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità l mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, rest immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01). In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, COGNOME, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come il ricorrente in realtà invochi, con la prima doglianza, un’inammissibile considerazione alternativa del compendio
probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato a giudice di merito in punto di valutazione della prova, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito p affermare la sua responsabilità penale in ordine al delitto ascrittogli (cfr. p. della sentenza impugnata).
2.2. In ordine, poi, alla seconda doglianza, deve essere osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la motivazione resa dalla Corte di merito (cfr. p. 3) in replica alle analoghe doglianze dedotte con l’atto di appello, di fatto reiter le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilimente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della decisione impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.3. Manifestamente infondata, infine, è pure la doglianza eccepita con la terza censura, osservato che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo (cfr. pp. 3 e s.), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la
sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di
merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017,
COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME Rv. 258356-
01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294
del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
3. All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore