Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando un Errore Formale Costa Caro
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione sulle conseguenze derivanti dalla presentazione di un ricorso carente dei requisiti di legge. In particolare, la pronuncia evidenzia come l’inammissibilità del ricorso per cassazione possa non solo precludere l’esame nel merito delle proprie ragioni, ma anche impedire la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, con significative conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.
I Fatti del Caso: Dalla Diffamazione al Ricorso in Cassazione
Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il reato di diffamazione aggravata, decideva di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. I motivi posti a fondamento dell’impugnazione erano essenzialmente due:
1. La nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, un vizio procedurale che, a dire della difesa, avrebbe inficiato la validità dell’intero procedimento.
2. La violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che secondo i calcoli difensivi sarebbe già maturata.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi non meritevoli di accoglimento, giungendo a una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso.
Analisi dell’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni precise che toccano principi cardine della procedura penale, in particolare per quanto riguarda la specificità dei motivi di ricorso e il rapporto tra inammissibilità e prescrizione.
Il Principio dell’Onere della Prova nel Ricorso
Con riferimento al primo motivo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: chi deduce una nullità processuale in sede di legittimità ha l’onere non solo di indicare l’atto viziato, ma anche di allegarlo al ricorso. Nel caso di specie, la difesa si era limitata a eccepire la nullità senza produrre l’avviso di fissazione dell’udienza contestato. Tale omissione rende il motivo “generico”, in quanto non consente alla Corte di verificare la fondatezza della doglianza. La Cassazione non può, infatti, ricercare d’ufficio atti che non sono stati trasmessi nel fascicolo processuale.
Prescrizione e Inammissibilità: un Binomio Cruciale
Anche il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato infondato. La Corte ha effettuato un puntuale ricalcolo dei termini, tenendo conto del momento di commissione del reato (2 febbraio 2015), del periodo di prescrizione (sette anni e sei mesi, incluse le interruzioni) e dei periodi di sospensione del procedimento (pari a 149 giorni). L’esito di tale calcolo ha dimostrato che il termine di prescrizione sarebbe scaduto il 9 ottobre 2023, data successiva alla pronuncia della sentenza d’appello (2 dicembre 2022). La questione cruciale, però, è un’altra: la manifesta inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa fosse maturata dopo la sentenza di secondo grado. L’inammissibilità, infatti, cristallizza la decisione impugnata, rendendola definitiva.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha sottolineato la genericità del primo motivo di ricorso, richiamando la giurisprudenza secondo cui la parte che lamenta una nullità procedurale ha l’onere di allegare gli atti pertinenti, un onere non assolto nel caso di specie. In secondo luogo, riguardo alla prescrizione, i giudici hanno chiarito che il termine non era ancora decorso al momento della decisione d’appello. Hanno poi applicato il principio secondo cui l’inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria di eventuali cause di estinzione del reato sopravvenute. Pertanto, essendo il ricorso inammissibile in ogni sua parte, la condanna doveva intendersi confermata.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze severe per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista proprio per i casi in cui l’impugnazione presenti profili di colpa, ravvisabili nella palese infondatezza o genericità dei motivi. La decisione, quindi, funge da monito sull’importanza di redigere ricorsi specifici, fondati su argomentazioni solide e corredati da tutta la documentazione necessaria a sostenerle, per evitare non solo il rigetto, ma anche pesanti sanzioni economiche.
Quando un motivo di ricorso per cassazione viene considerato generico?
Un motivo è ritenuto generico quando non specifica chiaramente l’errore di diritto contestato o, come nel caso di specie, quando si denuncia una nullità procedurale senza allegare al ricorso gli atti necessari a dimostrarla, mancando così di fornire al giudice gli elementi per decidere.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione influisce sulla dichiarazione della prescrizione?
Sì, in modo decisivo. Secondo quanto stabilito dalla Corte, se il ricorso è dichiarato inammissibile, ciò impedisce al giudice di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato, anche se il termine dovesse maturare dopo la sentenza di appello e prima della decisione della Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, l’articolo 616 del codice di procedura penale prevede che, in caso di inammissibilità, il ricorrente sia condannato a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice in base alla colpa ravvisata nella proposizione del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31292 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31292 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 2 dicembre 2022 che ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di diffamazione;
considerato che il primo motivo di ricorso, che adduce la nullità dell’avviso di fissazion dell’udienza preliminare, è inammissibile poiché generico in quanto: «in tema di ricorso per cassazione, la parte che deduca la nullità di un atto processuale che non fa parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, ha l’onere di indicare ed allegare al ricorso gli atti su l’eccezione si fonda, in particolare quando si tratti di atti che non transitano nel fascicolo dibattimento» (Sez. 6, n. 37074 del 01/10/2020, COGNOME, Rv. 280551 – 01, resa proprio in una fattispecie relativa alla proposizione dell’eccezione di nullità omesso avvertimento all’imputato delle conseguenze della sua mancata comparizione all’udienza preliminare ai sensi dell’art. 419 cod. proc. pen.;) e la difesa nulla ha compiegato ricorso (nonostante, peraltro, nel caso di specie il giudizio abbia avuto ad oggetto due procedimenti riuniti nel corso del dibattimento di prima grado);
considerato che il secondo motivo, con il quale si denuncia l’inosservanza dell’art. 157, cod. pen., in quanto la Corte avrebbe dovuto dichiarare prescritto il reato per cui è condanna, è manifestamente infondato perché esso è stato commesso il 2 febbraio 2015 e il termine di prescrizione, pari a sette anni e sei mesi (tenendo conto dell’interruzione: cfr. artt. 157 e cod. pen.), è spirato il 9 ottobre 2023, ossia in data successiva rispetto alla pronuncia di second grado, dovendosi considerare un periodo di sospensione pari a 149 giorni (dal 10 aprile 2017 al 30 giugno 2017 per astensione del difensore; dal 30 giugno 2017 per 68 giorni, in ragione dell’impedimento del difensore); e dunque, in ragione dell’inammissibilità del ricorso, l prescrizione non può essere qui rilevata;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, R 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/04/2024.